Eliminare ogni disparità di trattamento e restituire la giusta dignità agli infermieri militari italiani. Con questo obiettivo 264 Infermieri militari di Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri hanno presentato ricorso presso 15 Tar regionali, sottolineando le condizioni fattuali discriminatorie delle quali gli infermieri militari non si capacitano. Una su tutte: l’inspiegabilità della differente collocazione di Categoria Amministrativa e la conseguente disparità di trattamento economico rispetto agli infermieri civili.
Ricordando come tale questione sia stata già oggetto di trattazione da parte di Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, lo scorso ottobre durante l’ultimo congresso nazionale, i firmatari hanno allegato al ricorso una lettera riassuntiva in cui spiegano le loro ragioni alla luce dell’evoluzione legislativa che negli ultimi decenni ha profondamente trasformato la figura dell’infermiere nel nostro Paese.
Considerando che tale evoluzione normativa e professionale si è resa necessaria ed indispensabile per perseguire parallelamente sia il processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie sia la riforma del servizio sanitario nazionale, gli infermieri militari sottolineano di essere stati interessati da tale cambiamento al pari dei colleghi civili.
Non si può neanche lontanamente ipotizzare che essi vengano impiegati con responsabilità limitate rispetto agli infermieri del SSN, scrivono riportando ad esempio le attività che svolgono presso il Policlinico Militare Celio, ente sanitario di diagnosi e cura a livello nazionale, e le sempre maggiori responsabilità di cui sono investiti nel progetto “Sanità reale per il sostegno diretto”, che prevede la costituzione di infermerie presidiarie.
Ricordano che l’infermiere non è più considerato una figura ausiliaria. Forte della sua formazione – che prevede una laurea triennale, vari master di specializzazione di primo livello, laurea magistrale, master di secondo livello e dottorato di ricerca infermieristica – oggi l’infermiere è riconosciuto come un professionista che, iscritto all’ordine professionale, è responsabile dell’assistenza infermieristica generale e, in quanto dotato di autonomia professionale, è soggetto alla responsabilità professionale, come stabilito dalla Legge Gelli.
Nonostante tutto, rilevano che sussistono ancora alcune condizioni discriminatorie nei confronti degli infermieri militari che pongono sostanziali differenze rispetto a quelli civili. Risulta infatti che nel contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Sanità gli infermieri militari sono inquadrati nella terza area dei professionisti della salute in una categoria diversa con conseguente disparità di trattamento economico.
Si tratta di una categoria Amministrativa che non si spiega visto che, seppure distinti in comparti diversi, entrambi costituiscono il SSN. Si chiedono, pertanto, se esistano differenti dignità professionali.
Segnalano inoltre di essere inquadrati nella categoria dei Sottufficiali, sebbene in tutti i Paesi aderenti alla NATO in cui la professione infermieristica sia al massimo livello universitario agli infermieri venga riconosciuto il grado di Ufficiale. Evidenziano infine che per gli infermieri militari non vale lo stesso principio di ragionevolezza con cui la Corte Costituzionale (sentenza 98/2023) ha concesso la deroga all’obbligo di esclusività del pubblico impiego agli psicologi militari, riconosciuta dai giudici per non incorrere nella irragionevole disparità di trattamento rispetto ai medici e agli odontoiatri.
Ribadiscono, ancora, che la legge n.119/2022 avrebbe individuato già le norme utili ad eliminare ogni disparità di trattamento per gli infermieri militari italiani, restituendo loro la giusta dignità come professionisti intellettuali in regime di autonomia professionale. L’articolo 9 della legge stabilisce infatti che il Governo dovrebbe adottare alcuni decreti legislativi per attuare una revisione organizzativa ed ordinativa del Servizio Sanitario militare, già disciplinato dal Dl n.66/2010, nel rispetto di diversi principi e criteri direttivi interforze e di specializzazione.
Secondo gli Infermieri militari ricorsisti di Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri le differenziazioni che ancora persistono, rispetto al Comparto Ministeriale e al Comparto Sanità, potrebbero essere pertanto risolte innanzitutto inserendo tutte le Professioni Sanitarie nel Comparto Sanitario. Dovrebbe altresì essere realizzato un giusto inquadramento economico, equiparato alle funzioni svolte, e si dovrebbe consentire l’attività libera professionale anche alle Professioni Sanitarie militari.