Farsi carico delle necessità dei pazienti con un nuovo approccio improntato all’innovazione, alla sostenibilità e alla tecnologia. Questo il compito della sanità – pubblica e privata – da qui ai prossimi anni: trovare nuove soluzioni a problemi storici. Solo così, infatti, possiamo pensare di fare fronte alla crescente domanda di salute, nel nostro Paese ma non solo.
Un Paese che invecchia e ha sempre più bisogno di cure
Un primo elemento: nel prossimo decennio, le richieste di assistenza sanitaria sono destinate ad esplodere a causa della fisiologica crescita della cronicità legata all’invecchiamento della popolazione. Secondo i dati dell’OMS, è questa una delle più grandi sfide sanitarie che ci troveremo ad affrontare. Parliamo, infatti, di 2 miliardi di persone che attualmente soffrono di malattie croniche, 3 decessi su 4 sono imputabili ad esse.
La combinazione tra stili di vita in continua evoluzione – con i rischi che comportano – e l’invecchiamento demografico della popolazione aprono, purtroppo, la strada a malattie che non possono essere curate ma solo prevenute o trattate, quando possibile. Abbiamo quindi davanti uno scenario in cui, entro il 2030, la richiesta di assistenza sanitaria in terapia intensiva di basso e medio livello crescerà almeno del 30%. Uno stress test importante, come abbiamo avuto modo di sperimentare durante la pandemia, che ha messo in ginocchio molte strutture sanitarie. Dobbiamo evitarlo.
Sanità, la spesa italiana non potrà più essere solo pubblica
In questo contesto, politica e istituzioni sono chiamate a giocare un ruolo fondamentale, soprattutto per quanto riguarda le decisioni in merito alla spesa sanitaria pubblica. Tutte le stime ne prevedono un calo importante rispetto al PIL: se nel 2020 è stato riservato alla spesa sanitaria pubblica il 7,4% del Pil, nel 2026 si prevede che sarà solo il 6,1%. Da qui una prima riflessione: la spesa sanitaria italiana resta tra la più basse nei paesi OCSE, e probabilmente non potrà più essere solo pubblica. L’Italia, lo abbiamo visto, è un Paese che continuerà ad invecchiare e avrà sempre più bisogno di cura. Vedere la spesa sanitaria pubblica contrarsi non può che significare un livello di cura più basso, in ritardo o limitato a poche persone.
Il Sistema Sanitario Nazionale, seppur animato da una moltitudine di professionisti dalle grandi capacità ed esperienza, ha accumulato nel tempo una serie di caratteristiche disfunzionali. Per sua indole, ha una capacità limitata di spesa; soffre una strutturale carenza di professionisti sanitari, in particolare infermieri, raccontata ogni giorno da tutti i principali quotidiani del Paese; è caratterizzato da un modello di organizzativo datato e rigido, essendo ‘imbrigliato’ in un reticolo molteplici prescrizioni normative profondamente decentrate a livello regionale ma anche di singole ASL che, molto spesso, rischiano di rallentare le decisioni ma soprattutto l’evoluzione dell’organizzazione favorita dall’innovazione, a favore di qualità e copertura assistenziale.
Sanità, la spesa italiana non potrà più essere solo pubblica
In questo contesto, politica e istituzioni sono chiamate a giocare un ruolo fondamentale, soprattutto per quanto riguarda le decisioni in merito alla spesa sanitaria pubblica. Tutte le stime ne prevedono un calo importante rispetto al PIL: se nel 2020 è stato riservato alla spesa sanitaria pubblica il 7,4% del Pil, nel 2026 si prevede che sarà solo il 6,1%. Da qui una prima riflessione: la spesa sanitaria italiana resta tra la più basse nei paesi OCSE, e probabilmente non potrà più essere solo pubblica. L’Italia, lo abbiamo visto, è un Paese che continuerà ad invecchiare e avrà sempre più bisogno di cura. Vedere la spesa sanitaria pubblica contrarsi non può che significare un livello di cura più basso, in ritardo o limitato a poche persone.
L’importanza della sinergia pubblico-privato nella Sanità
In questo contesto, il settore privato, ed in particolare l’accreditato, può liberare energie fondamentali per l’intero ecosistema. Il dibattito, spesso frammentato, ha posto le due realtà su un piano contrapposto, dimenticando che la Carta costituzionale considera Pubblico e Privato Accreditato come un unicum in grado di assicurare l’universalismo del nostro sistema. Vedo, in questo modo di ragionare e di commentare la realtà, un grave pericolo. Quando si parla di cura – non dimentichiamoci quale sia il nostro compito e chi sono i nostri pazienti – l’opposizione rischia di alimentare le rigidità di cui abbiamo parlato poco sopra rischiando derive regionali che nulla hanno a che vedere con la qualità della cura. Credo, invece, fortemente, che la sanità pubblica e quella privata possano lavorare in sinergia.
Innovazione tecnologica, organizzativa e normativa: ecco come ripartire
Il contesto è sfavorevole, ma davanti a noi e ai nostri pazienti ci sono grandi opportunità. Vedo, in particolare, ampi margini di manovra su tre linee strategiche: l’innovazione tecnologia, l’innovazione organizzativa e quella normativa. L’Intelligenza Artificiale – che è ormai entrata a far parte delle nostre vite più di quanto pensiamo – è il supporto necessario per avviare quella riforma sostanziale che la sanità aspetta da anni. Digitalizzare i processi non significa solo risparmiare carta: significa accelerare ogni pratica, mettendo al centro il paziente e i suoi bisogni. Le novità introdotte dall’AI in sala operatoria o per l’assistenza rappresentano la linfa che sta cambiando il nostro mondo.
Secondo punto, l’innovazione organizzativa. Non possiamo pensare di risolvere il problema dell’invecchiamento della popolazione con più infermieri o richiamando i medici in pensione. I dati dimostrano che il cosiddetto ‘calo delle vocazioni’ è un pericolo reale. Guardando ai dati della ricerca Ipsos per Clariane sull’attrattività della carriera in sanità di gennaio 2024, c’è un ampio divario tra le aspirazioni dei giovani e la percezione delle professioni sanitarie, soprattutto per quanto riguarda il bilanciamento vita lavoro, la flessibilità oraria e il salario: driver di scelta ritenuti importanti che, tuttavia, non pensano di trovare quando si approcciano alle professioni sanitarie.
Possiamo fare meglio, puntando sulla formazione e su nuove modalità organizzative. Usare tutte le risorse a disposizione e usarle meglio: questo deve essere il nostro obiettivo. Ma per fare ciò bisogna alleggerire il carico normativo facilitando l’introduzione di innovazioni che potrebbero ridistribuire i carichi di lavoro tra le varie professioni sanitarie in un’ottica di crescita di competenze collettive.
E questo mi porta a rimarcare quanto sia importante lavorare per riorganizzare i servizi, puntare su nuovi metodi, automatizzare i processi e rendere le professioni sanitarie ancora più attrattive. Per farlo, però, abbiamo bisogno di una legislazione veloce a recepire il cambiamento e di una maggiore armonizzazione dei sistemi regionali. Solo con questa tripla innovazione (tecnologica, organizzativa e normativa) avremo carburante per alimentare il motore che spingerà la sanità italiana a far evolvere il proprio modello, per essere sempre più attenta alle esigenze dei pazienti e alle trasformazioni in corso nella nostra società.
Redazione Nursenews
Fonte il sole24ore