Così il presidente De Caro introduce le motivazioni sul perché l’istituzione dell’assistente infermiere è un fallimento:
“Mancano cento mila infermieri in Italia e si cercano soluzioni alternative come ingaggiare personale all’estero. Nel frattempo gli ospedali si svuotano e le case di comunità non si aprono per mancanza di risorse.
Perché si è arrivati a questa carenza di infermieri?
La crisi infermieristica che affligge l’Italia (e buona parte dei paesi globali) affonda le sue radici in decenni di miopia strategica e sottovalutazione del ruolo cruciale degli infermieri nel sistema sanitario.
L’incapacità di pianificare a lungo termine, unita a condizioni lavorative poco allettanti e a un mancato adeguamento dei percorsi formativi, ha eroso gradualmente l’attrattività della professione ed aumentato a dismisura la carenza di infermieri. In Italia per anni si è assistito a carenza infermieristica e allo stesso tempo a disoccupazione infermieristica, dovuta all’assenza di concorsi. Specificatamente, è mancato il riconoscimento dell’importanza degli infermieri e del loro valore per la nostra società. Invece, investire nell’infermieristica produce un ottimo ritorno sull’investimento e può portare ad una assistenza di alta qualità a un costo inferiore.
Mancano 3 infermieri ogni 1000 abitanti
La situazione attuale del sistema sanitario italiano è caratterizzata da una carenza di ben oltre quella evidenziata. Secondo i dati dell’OECD e dell’UE servirebbero per arrivare in media europea 3 infermieri in più ogni 1000 abitanti (9.2/1000 ab. rispetto ad una media di 6.2). Quindi servirebbero almeno 180.000 infermieri in più, a cui affiancare un numero considerevole di operatori di supporto.
SOS infermieri: conseguenze su ospedali e case di comunità Questa penuria di personale qualificato ha portato a una serie di conseguenze nefaste: gli ospedali si trovano in difficoltà nell’erogare servizi essenziali, mentre le tanto attese case di comunità, pilastro della medicina territoriale o il decollo della funzione di infermieristica di famiglia e comunità va avanti a macchia di leopardo. Allo stesso tempo, è rilevante la mancanza di risorse umane e le strutture di long-term care, che sono in pena per le difficoltà di assumere personale infermieristico e di supporto per sostenere la salute ed il benessere delle nostre persone anziane.
350.000 infermieri in servizio non bastano
Considerata questa situazione, è evidente che le organizzazioni professionali, a partire dall’Ente regolatore della professione, e la professione del suo complesso, pur in possesso della forza di oltre 350.000 infermiere ed infermieri in servizio (rispetto agli oltre 450.000 iscritti), non sono tuttavia riusciti a farsi portavoce in forma efficace delle istanze della categoria presso il mondo della politica e delle Istituzioni, mancando di incisività nel promuovere riforme strutturali. Questa è la realtà che possiamo misurare con i risultati in termini di carenza infermieristica e demotivazione del personale che possiamo ben vedere questi giorni. Chi scrive ritiene che sia necessario un cambio di passo ed una discontinuità nelle attuale politiche ed una visione davvero inclusiva e sinergica tra ordinistica, organizzazioni sindacali e organizzazioni scientifico-professionali, per andare oltre quanto di non positivo accaduto finora.
L’allarme è arrivato da tempo, perché non c’è stata la volontà di intervenire prima?
La risposta è multifattoriale. In primo luogo, la mancanza di investimenti: nei contratti, nelle assunzioni, nella formazione e nell’aggiornamento del personale sanitario ha creato un vuoto di professionisti e competenze che non può essere colmato facilmente.
In secondo luogo, è una questione di politica che ha spesso privilegiato la riduzione dei costi rispetto alla qualità dell’assistenza, portando a una riduzione del personale e a un aumento del carico di lavoro per gli infermieri rimasti, con conseguenze nefaste sul benessere del personale. Infine, la pandemia da COVID-19 ha accelerato la crisi, mettendo a dura prova un sistema già fragile. A questo si aggiunga la mancanza di coraggio e visione a medio e lungo termine degli attori che – a vario titolo – partecipano alle definizione delle politiche professionali. Il passaggio da Collegio ad Ordine con la Legge 3/2018, non ha portato nei fatti i benefici che si attendevano.
Crisi accelerata dal Covid
La pandemia di COVID-19 ha accelerato la crisi, mettendo a dura prova un sistema sanitario già fragile, mostrando appieno tutti i sintomi del disinvestimento. Come è stato stimato, una nazione ferma con una cattiva salute costa all’economia il 15% del suo PIL ogni anno, più del doppio della perdita dalla COVID-19. Investire nei sistemi sanitari, in particolare nell’assistenza infermieristica, offre un ritorno economico significativo.
Gli infermieri in Italia e nel mondo, hanno dato la vita per salvare le vite, sono stati tra i professionisti che più si sono spesi per la comunità ed hanno dimostrato il loro valore, pur tuttavia – al momento – non hanno tratto vantaggio né in termini economici né in termini di competenze. A differenza di altre professioni sanitarie come i farmacisti che hanno visto ampliare l’ambito di esercizio professionale, con la refertazione dei tamponi, i vaccini e la farmacia dei servizi, oltre a mutare l’ordinamento didattico, ad esempio.
Un fallimento a tutto tondo
Su questo “fallimento” degli ultimi anni credo sia necessario riflettere approfonditamente per orientare al meglio il futuro della professione infermieristica e del sistema salute. “Fallimento” evidente anche in termini di numerosità di posti disponibili per infermieristica dovuto alle scelte che ricadono nell’alveo di responsabilità del ministeri, delle regioni e degli ordini: i posti per Medicina sono raddoppiati in 10 anni, pur essendoci il rischio di pletora medica come evidenziato anche dalle loro organizzazioni regolatorie e sindacali.. I posti per infermieristica sono solo cresciuti del 25%. Se l’investimento fosse stato diretto prevalentemente verso l’infermieristica avremmo in università, ben 10.000 posti in più ogni anno.
I possibili correttivi per risanare la voragine che si è creata
Non esiste purtroppo la bacchetta magica che possa riparare in breve tempo una crisi da sotto investimento di natura globale: l’International council of nurses (ICN), di cui CNAI è parte dal 1949, indica una carenza ben superiore ai sei milioni di infermieri a livello globale. Per sanare questa ferita aperta nel tessuto del nostro sistema sanitario, è necessario un approccio multidimensionale e coraggioso.
I 10 punti per il cambiamento
I 10 punti indicati nella carta del cambiamento di ICN 2024, adattata in italiano da CNAI, rappresentano sicuramente gli aspetti cruciali. Nel merito, si ritiene che occorra:
un piano straordinario di investimenti, in primis rivolto ai salari degli infermieri. Gli infermieri generalisti, quelli presenti al letto del paziente, negli ospedali, nelle RSA, sul territorio, rendendoli competitivi a livello europeo, per arginare la fuga di infermieri e attrarre nuovi professionisti.
È fondamentale ripensare l’organizzazione del lavoro, implementando modelli innovativi che valorizzino appieno le competenze infermieristiche e promuovano una maggiore autonomia professionale.
E’ sicuramente utile mettere in atto incentivazioni ed indennità differenziate volte allo sviluppo o altre che tengano conto di specifiche peculiarità, in particolare per le area frontaliere o disagiate.
Anche la formazione necessità di un grande investimento per i docenti e per gli studenti. E’ necessario aumentare significativamente i posti disponibili nelle università e garantendo percorsi specialistici e di pratica avanzata con prescrizione. Ma la formazione avanzata va legata alla concreta possibilità di esercizio autonomo, per tutelare al meglio la salute dei cittadini, altrimenti ha poco senso.
Creazione di percorsi di sviluppo e carriera chiari e stimolanti potrebbe contribuire a rendere la professione più attrattiva per le nuove generazioni.
Per attrare giovani bisogna prevedere specifici esoneri dalle quote universitarie, borse di studio a vasto raggio e percorsi retribuiti di inserimento lavorativo al terzo anno di formazione. Interessante, nel merito, ‘ ricordare l’iniziativa dell’EU che ha finanziato l’organizzazione mondiale della Sanità – Regione Europa – e per il suo tramite le federazioni Europee EFN e EFNNMA di cui CNAI è componente dalla fondazione) per sviluppare un piano programmatico volto ad incentivare il “recruitment and retention” degli infermieri europei, tra i paesi esaminati, per il basso numero di infermieri, rientra anche l’Italia.
“L’assistente infermiere” rischia di essere un rimedio peggiore del male
La proposta di introdurre la figura dell’Assistente Infermiere presenta numerose criticità e richiede un’analisi critica e razionale delle sue implicazioni, attraverso una lente innovativa. Pur comprendendo l’urgenza di affrontare la carenza di personale sanitario, si ritiene che la proposta dell’Assistente infermiere nella sua forma attuale, rischi di rivelarsi un rimedio peggiore del male, con gravi conseguenze per la qualità dell’assistenza e la sicurezza dei pazienti. L’esperienza internazionale e gli studi scientifici, tuttavia, dimostrano – inequivocabilmente – che la qualità dell’assistenza e la riduzione della mortalità è strettamente correlata alla presenza di infermieri (laureati) e con una solida formazione, e non con la creazione di figure “a bassa preparazione” e “a basso costo” che li sostituiscano.
Revisione OSS rischia di generare confusione
Allo stesso tempo, senza mutare granché rispetto al precedente OSS.FC, assume una “denominazione” che genera confusione, presenta una formazione potenzialmente ambigua e non sufficiente e con i continui rimandi alla responsabilità, alla collaborazione e alla supervisione è fin d’ora evidente il rischio di aumento del contenzioso sanitario ed, in ultima analisi, potrebbe compromettere la fiducia dei cittadini nel sistema sanitario.
Perché bisogna investire sulla professionalità degli infermieri
Invece di creare una nuova figura professionale, che di fatto è una scorciatoia – tra l’altro che non elimina le disparità regionali e le problematiche connesse al demansionamento – si propone, attraverso una reale analisi dei bisogni dei cittadini e delle strutture sanitarie, di investire in modo deciso e lungimirante sul potenziamento del personale di supporto e su un percorso del personale OSS meglio strutturato e professionalizzante verso l’area assistenziale consci delle lezioni apprese anche durante la pandemia. E’ necessario invece proporre in alternativa, un paradigma evolutivo complessivo che veda un miglioramento delle condizioni lavorative, formative, organizzative, contrattuale e retributive sia del personale di supporto che del personale infermieristico.
Necessario sospendere la proposta dell’Assistente Infermiere
Questo approccio deve il potenziamento dell’autonomia professionale e decisionale degli infermieri nonché l’integrazione di tecnologie innovative nel loro workflow. Si ritiene che al momento per la mole delle criticità presenti, sia necessaria una sospensione della proposta dell’Assistente Infermiere. A ciò, deve seguire l’ascolto e una sintesi delle proposte multi-stakeholder per sviluppare un nuovo modello delle figure di supporto ed una granularità infermieristica volto a migliorare la salute dei cittadini, attraverso l’assistenza infermieristica. Non si può non concludere con un invito all’azione su aspetti che si ritengono cruciali.
Investire nell’assistenza infermieristica va a beneficio di tutti: Una professione infermieristica rigogliosa porta a società più sane; crescita economica e benessere sociale. Dare la priorità agli investimenti nella formazione e nell’assistenza infermieristica è essenziale per una comunità più prospera e più sana.
Massimizzare le competenze degli infermieri: il personale infermieristico può formarsi ancora meglio verso le competenze avanzate e la prescrizione, garantendo il miglior utilizzo di personale, competenze e risorse. Dare agli infermieri la possibilità di lavorare al massimo del loro potenziale migliorerà l’efficienza e la qualità dell’assistenza sanitaria. Per farlo occorre uscire dalla visione lobbistica di ogni professione sanitaria e sviluppare aree di intersezione tra professioni.
La sicurezza degli infermieri è fondamentale: Proteggere gli infermieri dalla violenza e garantire ambienti di lavoro sicuri sono elementi cruciali per mantenere sistemi sanitari resilienti.
Salute per la prosperità economica e sociale: Investire nella salute, in particolare nell’assistenza infermieristica, produce significativi ritorni economici e sociali, portando a società più sane e produttive. Solo potenziando l’assistenza infermieristica, possiamo sbloccare significativamente il settore sanitario e sociale per un cambiamento positivo nel mondo”.