15 LUG – Gentile Direttore,
le scrivo per il caso della residenza sanitaria assistita (RSA) di Narnali. Le immagini del video fanno davvero molto male. Fa molto male anche osservare lo stupore di coloro che avrebbero dovuto controllare con gli strumenti tipici dell’organizzazione e non lo hanno fatto. In particolare, mi chiedo su che cosa dovrebbero vigilare le commissioni di vigilanza.
Immagino siano controlli su tutto ciò che è inanimato e su ciò che non è organizzazione in un sistema di cura; la stessa domanda mi viene di farla a ciascun livello di responsabilità nella linea gerarchica organizzativa di quella struttura; certamente, nessuno di essi ha controllato i modi di essere degli operatori e del sistema nei confronti degli anziani; oppure chi avrebbe dovuto controllare ha riconosciuto, in quei modi di essere, degli operatori e della organizzazione più in generale, una traccia comune di umanità ritenendoli adeguati.
L’assessore regionale alla Salute della regione Friuli Venezia Giulia, Giulia Maria Sandra Telesca, al Convegno “Lasciatemi invecchiare con amore” parlò della cultura dell’amore (QS,22 giugno); ricordo di essere rimasta favorevolmente sorpresa dalle sue parole: “Tutto ruota intorno al concetto di amore (…) contro il rischio di far sentire le persone anziane inutili, all’angolo, la cura è proprio l’amore. La priorità è questa”. Mi piacque il modo di esprimersi di questo assessore che osava dire di quanto fosse prioritario per l’anziano una rete di cura organizzata su un modo di essere che richiedeva amore.
Un modo nuovo di essere residenza assistita, anziano, infermiere. Non so però se a queste parole segua, nella sua regione, una programmazione che comprenda anche la cultura del controllo, coerente con la cultura dell’amore, e quindi conseguente, cioè altrettanto efficace come l’argomento dell’amore in politica. L’amore è infatti azione e se veramente credessimo alla “vecchiaia” come valore la distanza dalla sua negazione sarebbe invalicabile, e la sua negazione, nella fattispecie il maltrattamento di anziani, non potrebbe mai raggiungerci.
Se i controlli mirassero, per esempio, a rilevare la presenza o l’assenza della cultura dell’amore, dell’ospitalità nella programmazione socio sanitaria per gli anziani, non vi sarebbero poi dirigenti aziendali che scelgono di appaltare i servizi infermieristici mediante capitolati di gara “al ribasso”dove non è mai indicato neanche un indicatore di qualità assistenziale da poter essere controllato; i direttori di RSA non potrebbero essere dei ragionieri o dei geometri come invece spesso accade o come può accadere, sarebbero probabilmente anche infermieri.
In una cultura dove la longevità è un valore i dirigenti dei consorzi che gestiscono cooperative di operatori sanitari e infermieri sarebbero figure sicuramente più responsabili e meno autonome nella gestione del personale sanitario e tecnico sanitario; in quella cultura gli Infermieri non affiderebbero compiti di prossimità a chi li supporta se prima non vi fosse stata una loro attenta valutazione degli stessi e gli operatori durante le attività assistenziali non picchierebbero insultando gli anziani. I familiari degli anziani a loro volta saprebbero quale struttura scartare per la nuova residenza di un loro parente e lo stesso ente comunale non potrebbe ospitare una residenza sanitaria assistita inospitale.
Nessuno di noi, evidentemente, nel caso di Narnali, ha controllato i modi di essere di chi pensa o dovrebbe pensare agli anziani. Basterebbe davvero poco per non ritrovarsi con questo dispiacere e con la vergogna per non aver rilevato in tempo che cosa avessero in serbo quegli operatori per quegli anziani. Se tutto è andato bene fino a quando le tirocinanti non hanno denunciato i mali fatti, a quale traccia di umanità ci siamo riferiti nei nostri controlli quotidiani?
L’anziano in RSA dovrebbe poter respirare la cultura della reversibilità della propria condizione di ospite in quella nuova casa ,a partire dall’inserimento, graduale ed accettato e la possibilità che gli venga formulata la diagnosi infermieristica di adattamento efficace al nuovo ambiente.
Nelle RSA dovrebbero esserci spazi vitali ottenuti mediante operatori motivati e consapevoli e soprattutto colti, non necessariamente eruditi, ma colti. Per essere colti non serve una rara creatività o una conoscenza enciclopedica, ma serve di avere una cultura che è nata da elaborazioni, connessioni, ridefinizioni anche semplici, ma capaci di restituire uno sguardo, una visione del mondo. Elaborazioni e connessioni meditate con lo scopo di formarsi una compiuta personalità. Una persona colta si riconosce da come opera. Dal video sui maltrattamenti nella residenza di Narnali si osservano azioni e gesti di persone non colte, neanche erudite, persone schiave della loro ignoranza e dei loro automatismi. Perché nessuno si è accorto prima o subito di quei gesti e linguaggi? Punire più severamente chi insulta e picchia gli anziani va bene, ma è già tardi.
Se coloro del sistema, che oggi si dispiacciono e si dichiarano sorpresi, increduli per quanto accaduto, sono sinceri, se la responsabilità di quanto accaduto vogliamo attribuirla solo agli operatori oggi sospesi, possiamo comunque dire che esiste un problema di dissonanza cognitiva ed organizzativa fra chi pensa e chi agisce e che comunque questa dissonanza andava corretta prima che il danno divenisse irreversibile.
Marcella Gostinelli
Infermiera
fonte Quotidianosanita.it