L’Esimia Dott.ssa Barbara Balanzoni, il 24 agosto 2019, ha postato sulla sua pagina FB una foto ritraente un paziente con una vistosa lesione al braccio, asseritamente prodotta dall’incannulamento di un’arteria (anziché una vena), addebitandola ad un infermiere e verosimilmente prodotta proprio perché è stata praticata da un infermiere e non da un medico.
Si tratta della responsabilità presunta infermieristica; una responsabilità appena coniata dalla dott.ssa che sicuramente sarà postulata in numerosissimi testi universitari, tanto da costringere la Corte Suprema, tra non molto, ad erigere un busto in onore del medico giurista all’interno del Palazzaccio.
La dott.ssa ha anche dubitato che si trattasse di un errore e quindi ha ritenuto, insinuosamente, che si trattasse di dolo?
Ritiene che l’infermiere, ed è questo che si evince dai suoi deliri, abbia sbagliato per incompetenza genetica, cioè per natura, considerato che siccome l’errore lo ha commesso un infermiere, non sarebbe potuto andare diversamente.
Questa Associazione non accetta simili allusioni perché, il più delle volte, la collaborazione tra medico e infermiere è eccezionale e raggiungere insieme gli obiettivi di cura anche solo per alleviare le sofferenze delle persone, è un impegno illustre e soddisfacente.
Non siamo d’accordo invece quando si lavora insieme e gli encomi debbano necessariamente andare al medico, come se l’infermiere fosse solo un accessorio per raggiungere il risultato.
Secondo la dott.ssa ill.ma, se fosse stato un medico ad incannulare il paziente, allora tutto sarebbe andato bene.
Ma la cosa che sbalordisce di più è che anche altri suoi colleghi la pensano come lei e ne subiscono il fascino trascinati in una fobia ossessiva collettiva che vede nell’infermiere l’incarnazione della malasanità.
Ed allora come curare questa ossessione?
Semplicemente elencando ai signori ill.mi medici pro Balanzoni, nonché a lei stessa, una brevissima carrellata di professionisti anche anestesisti come lei, che lungi dall’essere diversi cioè più bravi dall’infermiere che ha incannulato l’arteria, ne hanno combinate di tutti i colori.
Ora esimia ci dica se questi suoi colleghi sono diversi dall’infermiere che lei vuole denunciare alla procura visto che, pregiudizialmente, lo ha apostrofato come incompetente, al pari di tutti gli infermieri d’Italia:
Cass. VI Pen., 21 novembre 2018 n. 52499: anestesista usa farmaci pericolosi non in dotazione nella clinica privata ma ospedalieri per una blefaroplastica determinando la morte del paziente (che non sarebbe dovuto morire perché era in salute). Inoltre li aveva rubati dall’ospedale quindi è stata condannata insieme ai due chirurghi per omicidio ed, ex se, per peculato (pena base 4 anni di reclusione).
Cass. IV Pen., 28 luglio 2015 n. 33329: anestesista somministra curarizzante su una ragazzina con ascesso tonsillare senza prima avvedere la possibilità di ostruzione o deviazione tracheale nonostante gli infermieri e i chirurghi avessero tentato di farlo desistere in quanto il protocollo in uso in queste circostanze stabilisce l’uso di un ecografo guida. Ma l’anestesista, con baldanza e prepotenza impone la sua competenza e procede all’intubazione che però non riesce, come non le riesce neppure la tracheotomia determinando la morte della paziente anche perché incidendola le procurò la recisione di alcuni vasi. Tutti condannati per omicidio. La sentenza riporta che la ragazza morì per asfissia consapevole e cosciente della morte imminente. L’anestesista ha trascinato in galera anche gli infermieri perché non l’hanno fermata fisicamente e non si sono dissociati uscendo dalla sala operatoria. Cosa ancor più grave, fu dichiarato il falso in cartella clinica ma si scoprì tutto determinando anche la condanna per falso ideologico. Cari medici, come potete vedere non solo sbagliate pure voi come gli infermieri, ma in alcune situazioni falsificate anche i documenti sanitari per non assumervi le vostre responsabilità.
Cass. III Civ., 16 aprile 2015 n. 7682: ginecologo condannato per aver atteso pericolosamente l’arrivo del primario invece di procedere tempestivamente al taglio cesareo, ma il feto ha sofferto troppo ed è nato gravemente malformato.
Trib. Ascoli Piceno, 24 dicembre 2012 n. 399: il chirurgo plastico che promette un risultato estetico, risponde civilmente per l’esito concordato e quindi va condannato se lascia una vistosa e grave inestetica cicatrice a seguito di addominoplastica tale, anche, da causare sulla vittima il timore di esporre la parte operata a terzi (soprattutto al coniuge, tanto è stata deturpata).
Cass. IV Pen., 26 gennaio 2005 n. 18568: risponde tutta l’equipe chirurgica (nella specie, il primario, due chirurghi e l’infermiere cosiddetto strumentista) per reato di lesioni colpose gravi in danno di un paziente che è stato rioperato per rimuovere una pinza di Kelly dimenticata dal chirurgo, in quanto ognuno deve vigilare sull’altro (la Corte non afferma che il medico deve vigilare sull’infermiere, ma che tutti devono vigilare su tutti secondo la responsabilità solidale che ricade per la comune posizione di garanzia).
Cass. III Civ., 10 maggio 2000 n. 5945: rispondono di omicidio colposo i due chirurghi che operando un paziente affetto da ernia strozzata, provocano la perforazione di un’ansa dell’ileo che, non suturato, induce il paziente in peritonite e alla morte avvenuta durante le indagini radiografiche alla ricerca delle ragioni delle sofferenze lamentate.
Cass. III Civ., 28 settembre 2009 n. 20790: deve essere condannato il medico che dopo aver operato un paziente se ne disinteressi del tutto. Si deve attentamente seguire il paziente anche in relazione a possibili e non del tutto prevedibili eventi che possono intervenire dopo l’intervento, ponendo in essere tutte le precauzioni e i rimedi conosciuti e conoscibili dalla scienza e alla pratica medico-specialistica del settore conosciuti e conoscibili in quel dato momento storico.
Cass. IV Pen., 11 aprile 2012 n. 13547: ben 5 medici odontoiatri non sono intervenuti incidendo una ascesso gengivale ad un ragazzo di 19 anni, resistente agli antibiotici, ma lo ricoverarono senza fare nulla finché in quarta giornata, a seguito di lamentati dolori e successive indagini cliniche, veniva rilevata una mediastinite acuta ascessuale secondaria ad accesso sottomandibolare destro fistolizzato nei cavi pleurici dx e sx con abbondante pus a colata nello spazio tra tratto dorsale della colonna vertebrale ed esofago, a manicotto tra esofago, trachea, ed aorta e tra sacco pericardio e faccia posteriore dello sterno, con conseguente pericardite sierofibrinosa, miocardite diffusa con epicardite, edema polmonare siero-proteinaceo con emorragia endoalveolare, da cui derivava grave shock settico e stasi ematica acuta pluriviscerale che lo portava a morte.
Cass. V Pen., 6 settembre 2011 n. 33136: il chirurgo non deve operare se non è necessario. Nel caso di specie fu condannato per omicidio preterintenzionale perché effettuò un intervento chirurgico del tutto inutile, motivato esclusivamente da ragioni economiche (rimborso ASL) che causò il decesso del paziente.
Cass. IV Pen., 21 gennaio 2016 n. 2541: non risponde di omicidio colposo il primario che installa un apparecchio telemetrico in una stanza di degenza che non allarma gli infermieri perché il sistema è posto in silenzioso, in quanto non è lui che deve istruire gli infermieri sull’uso degli apparecchi sanitari e non è lui che ha la gestione delle attività infermieristiche. La carenza informativa degli infermieri non ricade sui medici.
Cass. IV Pen., 16 novembre 2015 n. 45527: risponde di omicidio il medico che confonde la colica addominale con l‘infarto e quindi, dimesso il paziente, ne determina la morte.
Cass. VI Pen., 29 settembre 2016 n. 40753: risponde di lesioni gravi il medico ortopedico che, informato dall’infermiera dell’arrivo di una paziente con frattura alla spalla, differisce la visita al collega del turno di mattina perché si era messo da poco a risposare sul suo bel lettuccio ospedaliero.
Cass. IV Pen., 10 gennaio 2008 n. 840: il medico neurologo che sbaglia il dosaggio dei farmaci (benzodiazepine) che tra l’altro devono essere somministrati per via parenterale e li somministra invece per os, inducendo un paziente agitato in coma e alla morte per accumulo di metaboliti tossici nello stomaco e successivamente nel sangue, risponde per omicidio colposo grave.
Cass. VI Pen., 4 maggio 2017 n. 21631: se l’infermiere chiama il medico deve rispondere ed agire altrimenti risponde immediatamente per quanto subito dal paziente, dalla chiamata a l’intervento effettivo. Non si deve dimenticare che il giudice ha la facoltà di esaminare e criticare l’operato del medico. Nel caso in esame l’infermiera aveva allertato il medico (che naturalmente “non andò al capezzale della paziente” perché stava nella sua stanza) perché la paziente era dispnoica. Il medico la liquidò dicendo di somministrare un tranquillante che peggiorò la crisi respiratoria determinandone la morte per asfissia.
Cass. IV Pen., 20 aprile 2017 n. 28187: risponde per omicidio colposo aggravato il medico psichiatra che non seda il paziente in evidente stato di agitazione psicomotoria e tentate aggressioni fisiche nei confronti degli astanti che, purtroppo, esitano nell’omicidio di un infermiere.
Potremmo procedere all’infinito, ma credo che la lezione che abbiamo impartito alla Esimia dott.ssa Balanzoni sia più che chiara: non tentare di togliere la pagliuzza negli occhi degli infermieri se in quella dei medici c’è una trave.
Tutti sbagliano, tutti possono sbagliare.
Alcune condotte devono essere punite seriamente: chi dorme e si isola dai pazienti; chi cerca il lucro sulla pelle degli altri; chi è incompetente ma vuole erigersi a comandante.
L’arrogante e il saccente sono pericolosissimi nel nostro ambiente, così come è pericoloso e stupido gettare discredito sulla categoria infermieristica che, più volte, è stata onorata e premiata dalle più alte istituzioni pubbliche per l’abnegazione e il coraggio dimostrati nelle situazioni più drammatiche e difficoltose che il nostro Paese abbia affrontato.
Dalle esternazioni ossessive (per la terapia è consigliabile intrecciare rapporti affettivi con un infermiere), si palesa un odio profondo verso una categoria professionale che unitamente al medico dovrebbe salvaguardare la salute della collettività, e se non fosse per qualche santo in paradiso (rectius: negli ordini professionali) che protegge chi disonora tutti quelli che lavorano per curare i pazienti ricevendo quattro soldi, quantomeno la legittima e naturale conseguenza di tale evidente odio verso gli infermieri, dovrebbe essere la radiazione.
Ci si chiede che fine avrebbe fatto un infermiere se avesse scritto e registrato contumelie ai danni dei medici.
La risposta è semplice: la radiazione.
Ne abbiamo di casi in giudizi disciplinari di infermieri sanzionati solo perché sul proprio profilo FB privato avevano scritto “cazzo”.
Però, effettivamente, se lo meritavano, avevano l’aggravante di essere infermieri e non medici, altrimenti avrebbero potuto scrivere contro gli infermieri quello che pochi giorni fa ha postato l’esimia dott.ssa: “Ora che cani e porci sono laureati …”.
Benissimo: abbiamo la conferma che il medico continua a comandare su tutto e tutti, impunito e arrogante e che nessun ordine muove un dito per fermare queste ingiustificate aggressioni.
L’Esimia sta anche fomentando i pazienti che, con pregiudizio, si avvicinano agli infermieri con profondo timore, avendo ricevuto istruzioni da tale soggetto sulla pericolosità e incompetenza dell’intera categoria infermieristica.
Auspico che, chi di dovere, intervenga per sopprimere i tediosi e vituperati attacchi perché si ripristini il clima di collaborazione che ha sempre contraddistinto i medici e gli infermieri per un fine comune.
Intanto, l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri, comincerà a fare i primi passi per impedire che una persona del genere stia accanto agli infermieri e vediamo se risulta vero, come scrisse il segretario FIALS di Milano, che l’ADI non serve a niente.
Fonte
ADI
AVVOCATURA DIRITTI INFERMIERISTICI.