San Leonardo di Castellammare.
«Sono stato vittima di questo maledetto Covid-19. Ho rovinato la mia famiglia solo per senso del dovere e non riesco a dormirci la notte». Carlo Balzamo è stato il primo infermiere contagiato in Medicina d’Urgenza, il reparto che si è trasformato in un focolaio: con tre medici e quattro infermieri risultati positivi al Coronavirus.
«Il reparto va chiuso e sanificato, perché è diventato un focolaio attivo e a rischio Covid», dice l’infermiere dal suo letto dell’ospedale di Boscotrecase dov’è tuttora ricoverato per guarire dalla polmonite interstiziale bilaterale «ci sono colleghi contagiati e alcuni costretti in quarantena – spiega il sindacalista Cisl – La nostra equipe è al momento ridotta in brandelli e i colleghi che stanno lavorando non sono sereni. Se non si chiude, sarò costretto a denunciare tutto alla Procura».Carlo Balzamo ha un’idea chiara di quali sono state le cause del focolaio innescatosi nel reparto di Medicina d’Urgenza: «C’è stata negligenza, scelleratezza e in alcuni casi leggerezza nella gestione dei casi sospetti – racconta – E’ accaduto che i pazienti arrivati al pronto soccorso sono stati trasferiti nel nostro reparto nonostante sintomi da Covid 19 e chi, come me, ha lavorato in Medicina d’Urgenza s’è ritrovato a farlo senza gli adeguati dispositivi di protezione. Il nostro senso del dovere ci ha portati a garantire l’assistenza, non potevamo certo abbandonare i pazienti. A quel punto siamo diventati bersagli facili, è come se ci avessero sparato addosso senza darci la possibilità di difenderci».
Secondo Balzamo: «Molti si sono scagliati contro il direttore sanitario Mario Muto, ma lui non aveva alcuna responsabilità», piuttosto la causa del focolaio del San Leonardo è da ricercare nella «mancanza di professionalità medica». «Quando un paziente arriva in pronto soccorso, il medico che lo prende in carico deve fare un’anamnesi: ossia ricostruire se ha avuto patologie pregresse, i sintomi delle due settimane precedenti – spiega l’infermiere – Poi se gli esami evidenziano una polmonite bilaterale interstiziale, tipica del Covid 19, dovrebbe isolare il paziente. Al San Leonardo, invece, si è aspettato l’esito del tampone, che se non viene fatto nel modo giusto può risultare negativo anche in caso di positività al virus. Il problema è che nonostante i sintomi, i pazienti sono stati mandati in un reparto non attrezzato per accoglierli e solo dopo si è accertato che fossero positivi, quando ormai era troppo tardi».
Una falla nel sistema assistenziale che Carlo Balzamo ha pagato a caro prezzo. «Così sono stato contagiato e la stessa cosa è accaduta ai miei colleghi», spiega il sindacalista Cisl che poi si commuove ricordando le ultime settimane «sono stato a casa per 11 giorni con febbre alta, isolato – racconta – Ho fatto da solo un prelievo ematico, che non è servito a nulla, e poi un tampone. Solo dopo 5 giorni mi hanno dato l’esito positivo. Un’ambulanza mi ha trasferito d’urgenza a Boscotrecase, perché avevo problemi respiratori e bradicardia costante. Ho temuto per la mia vita e ho dato il consenso a essere sottoposto al metodo Ascierto, che sto seguendo tuttora a distanza di 15 giorni dal ricovero. Ho avuto la fortuna al Covid Hospital di Boscotrecase di trovare medici e infermieri preparatissimi, che mi stanno aiutando».
Ma il pensiero va a casa: «Dal punto di vista psicologico sono distrutto – ammette – Mia moglie è a casa, costretta a letto, anche lei non in buone condizioni. Mio figlio è positivo, ma asintomatico. Pensare che sono stato io a rovinarli, mi fa star male». Per questo lancia un appello: «Ho letto su Metropolis della proposta della nuova direttrice sanitaria Rosalba Santarpia di istituire una stanza Covid in ogni reparto e l’ho pregata di non fare c…. – usa toni forti – Deve chiudere il reparto di Medicina d’Urgenza e ampliare il percorso del pronto soccorso per lo sporco, sanificando tutto o altri colleghi vivranno il mio inferno».