24 agosto 2015 È di ieri l’ultimo passaggio formale per la riforma della Pubblica amministrazione, che è stata pubblicata oggi in Gazzetta Ufficiale. Il ministro della Pa Marianna Madia, all’approvazione del testo, lo scorso 4 agosto, aveva spiegato che il lavoro continua con i decreti attuativi da approvare entro fine anno, aprendo ufficialmente la “fase due” dell’implementazione.
I ventitre articoli approvati contengono 14 deleghe da adottare con una ventina di decreti legislativi entro un massimo di 18 mesi (riforma della dirigenza e pubblico impiego) e un minimo di 90 giorni. Ma ci sono anche misure auto-applicative, come la definizione di un meccanismo per il silenzio assenso tra amministrazioni centrali, per cui dopo 30 giorni (massimo 90) si intende ottenuto il via libera su una procedura concertata, o i nuovi limiti introdotti sull’autotutela amministrativa, che valgono come certezza sulle autorizzazioni e le concessioni per cittadini e imprese.
Le novità subito in vigore, dal silenzio assenso all’autotutela
Più stringente la formula del silenzio assenso, che entra subito in vigore. Nel caso di nulla osta, “concerti” o pareri tra amministrazioni pubbliche o partecipate, il no deve arrivare entro 30 giorni (90 in campo ambientale, sanitario o culturale) altrimenti si darà per scontato il via libera. E se si verificheranno contese tra amministrazioni statali, quindi Pa centrale, sarà il premier a decidere. Cambia da subito pure la cosiddetta autotutela amministrativa, ovvero il potere che ha lo stato di agire in sua difesa. Il ddl Madia anche qui fissa scadenze precise: se un’amministrazione ha preso una decisione, ad esempio autorizzando un cantiere, trascorsi diciotto mesi non può più tornare sui suoi passi, cambiando idea.
Nella prima tranche le misure anti-burocrazia
L’obiettivo del governo è approvare già a settembre un pacchetto di decreti attutivi volti a semplificare e velocizzare le diverse pratiche che ricadono su cittadini e aziende. Sulla rampa di lancio c’è il Pin unico, detto Spid (Sistema per l’identità digitale), che permetterà con una sola password di accedere ai servizi online della Pa (prenotazione di visite mediche, iscrizione a scuola, pagamento di tasse). Lo stesso vale per il “Freedom of Information act”, una sorta di obbligo alla trasparenza, che permetterà a tutti l’accesso ai dati e documenti della Pa. Sul lato imprese, il governo ha dichiarato di volere subito approvare il regolamento di delegificazione che dimezza i tempi della burocrazia per il completamento di procedimenti amministrativi che riguardano grandi insediamenti produttivi, opere di interesse generale o l’avvio di attività d’impresa.
Sempre in questa prima ondata settembrina di decreti attuativi potremmo trovare le materie dell’articolo 8 di immediato interesse sociale, come il trasferimento del Pra al ministero dei Trasporti o l’attivazione del 112, il numero unico europeo per ogni tipo di emergenza che manderà in soffitta il 118 ma anche il 113 e il 115. Via libera in questa prima fase anche alla delega che definisce le attività che non saranno più vincolate ad autorizzazioni e che “tipizza” quelle per le quali serve una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) fino a quelle che passano in silenzio-assenso o per le quali è sufficiente una comunicazione preventiva. Da capire se in questa prima fase ci saranno già alcune delle grandi azioni di riordino delle articolazioni territoriali delle amministrazioni: dal dimezzamento delle Camere di commercio e delle Prefetture fino al riordino delle autorità portuali. Demandato a una seconda fase dovrebbe essere il varo dei due ambizioni testi unici per il riordino delle società partecipate, con il mirino puntato sulle gestioni in rosso per le quali potranno scattare accorpamenti e commissariamenti, e dei servizi pubblici locali.
Nell’ultima tranche il testo unico sul pubblico impiego
Arriverà solo alla fine del cronoprogramma il decreto legislativo in materia di pubblico impiego e di riforma della dirigenza. In questo caso la delega, come detto, concede fino a 18 mesi e, com’è noto, l’intervento sarà necessariamente condizionato dalla sentenza della Corte costituzionale che ha imposto la riapertura del negoziato per il rinnovo del contratto di lavoro, fermo dal 2009. Sono già note però le linee guida del testo base: stretta sulle assenze, con un polo unico presso l’Inps, per la medicina fiscale; maggiore efficacia delle norme sulla responsabilità disciplinare, che possono portare fino al licenziamento; nei concorsi viene abolito il voto minimo di laurea. Una riforma a 360 gradi riguarderà poi la dirigenza: è previsto un solo ruolo (seppure diviso su tre livelli: statale, regionale, locale) senza più distinzione tra prima e seconda fascia. E si va verso una quota unica (intorno al 10%) per l’accesso di esterni; inoltre viene superata la figura del segretario comunale. Ma in più arriva la licenziabilità se la valutazione di performance è negativa, ipotesi “aggirabile” con il demansionamento a funzionario. Gli incarichi non saranno più a vita (4+2 anni) e scatta la revoca in caso di condanna della Corte.