Per il giudice l’ordinanza di Musumeci entra nella competenza esclusiva dello Stato e produce condizioni di potenziale pericolo per la salute pubblica.
AGI – Stop all’ordinanza Musumeci. Il Tar di Palermo accoglie il ricorso del governo e sospende il provvedimento con cui il governatore siciliano ha disposto lo sgombero degli hotspot e dei centri di accoglienza migranti dell’Isola. Per giorno 17 settembre è stata fissata la camera di consiglio, ma il tribunale amministrativo entra subito nel merito, sostenendo che le misure previste impattano “in modo decisivo” sull’organizzazione e la gestione del fenomeno migratorio “che rientra pacificamente nell’ambito della competenza esclusiva dello stato”.
Misure che “sono certamente idonee a produrre effetti rilevanti anche nelle altre regioni e, quindi, sull’intero territorio nazionale, nel quale dovrebbero essere trasferiti, nell’arco delle 48 ore decorrenti dalla pubblicazione dell’ordinanza, i migranti allo stato ospitati negli hotspot e nei centri di accoglienza insistenti sul territorio regionale”. Il presidente Nello Musumeci reagisce subito: “Non ci hanno neppure ascoltato” e annuncia che non intende rinunciare alle proprie competenze. Adesso invierà la task force nelle circa 40 strutture di accoglienza per “verificarle con accuratezza”.
Entrambe le misure adottate con l’ordinanza che aveva validità fino al 10 settembre, sgombero dei migranti e divieto di ingresso nell’Isola, “sembrano esorbitare dall’ambito dei poteri attribuiti alle regioni, sebbene disposte con la dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da Covid-19 sul territorio regionale”.
Il decreto rileva, in merito allo sgombero, “l’inadeguatezza del brevissimo termine assegnato per l’esecuzione, in considerazione della natura e della complessità delle attività necessarie a tal fine”, e, in merito agli sbarchi, “la mancanza di specifiche e adeguate misure organizzative e di coordinamento e, a monte, di una preventiva verifica di fattibilità/sostenibilità”.
Si tratta quindi di misure idonee, da un lato, a “ingenerare difficoltà di coordinamento tra le autorità deputate alla gestione delle relative attività”, e dall’altro, a creare esse stesse “le condizioni di potenziale pericolo per la salute e l’incolumità pubblica che avrebbero, invece, inteso scongiurare, attesa l’evidente difficoltà di organizzare nei ristretti tempi indicati l’attività di sgombero, in condizioni di sicurezza, di un consistente numero di migranti ospitati in diverse strutture situate nell’intero territorio della Regione siciliana e il loro trasferimento sul territorio nazionale, in modo tale da contenere l’ulteriore trasmissione del virus sia tra di loro che nella popolazione locale e, infine, nei confronti degli operatori chiamati all’attuazione concreta delle misure”.
La disciplina emergenziale in atto “ha inteso attrarre allo strumento del decreto del presidente del Consiglio dei ministri la competenza all’adozione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in atto”.
Di contro, “è rimessa alla responsabilità delle Regioni esclusivamente l’adozione di eventuali misure interinali e di ulteriore profilassi, che si rendano necessarie e siano giustificate da specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario a livello locale, su cui possono provvedere, tuttavia, soltanto in via di urgenza e nelle more dell’adozione di un nuovo Dpcm in materia, e sempre che attengano esclusivamente all’ambito delle attività di competenza delle Regioni”.
Di più: “L’esistenza di un concreto aggravamento del rischio sanitario legato alla diffusione del Covid-19 quale conseguenza del fenomeno migratorio appare meramente enunciata, senza che risulti essere sorretta da un’adeguata e rigorosa istruttoria, emergente dalla motivazione del provvedimento stesso e altrettanto sembra potersi affermare anche in relazione alla diffusione del contagio all’interno delle strutture interessate”.
Per il Tar, non ha nemmeno “valenza dirimente” la circostanza che il presidente della Regione sia stato individuato quale soggetto attuatore delle misure emergenziali connesse allo stato di emergenza. L’ordinanza in questione, infatti, “testualmente dispone, che ‘il soggetto attuatore opera sulla base di specifiche direttive impartite dal capo del Dipartimento della protezione civile oltre che in stretto raccordo con la struttura di coordinamento del Dipartimento della Protezione civile attivata per la gestione dell’emergenza di cui in premessa’.
Ciò comporta che le misure adottate con il provvedimento impugnato non possono ritenersi rientranti nell’ambito dell’esercizio dei poteri delegati dall’autorità del governo centrale”.