Quante volte noi infermieri ci siamo sentiti dire dai medici, nel pieno delle nostre attività assistenziali, di coadiuvarli nelle procedure prettamente mediche, come ad esempio nella preparazione del materiale, dell’ambiente, ove, in realtà, non è richiesta l’intellettualità della professione infermieristica?
Infatti con il concetto di assistenza infermieristica intendiamo quell’attività relativa all’assistenza sanitaria rivolta all’individuo, alla comunità o alla popolazione, sia che siano soggetti sani o malati, al fine di recuperare uno stato di salute ottimale e migliorare sempre più il proprio stato di salute.
Essa è pianificata, operata, diretta e valutata da un professionista sanitario: l’Infermiere, il quale oggi ne è responsabile unico.
Nel corso della vostra carriera lavorativa, vi sarà capitato di assistere all’esecuzione di esami medici nelle corsie ospedaliere, dove l’infermiere, da vero e proprio mero esecutore, prepara il materiale e l’ambiente, ed il medico esegue la procedura, “invitando” l’infermiere, una volta terminata la procedura, di smaltire il materiale utilizzato e riordinare tutti i presidi rimasti inutilizzati.
In Molti libri di testo, legati ad un vecchio retaggio storico-culturale che ha avvolto la professione nell’immaginario collettivo nei secoli scorsi, così come molte linee guida aziendali stilate ad hoc da medici che confondono per ignoranza o per dolo la figura dell’infermiere generico (oggi oss) con l’ex infermiere professionale, oggi laureato e che sottolineano l’importanza, da parte dell’infermiere laureato, di assistere il medico durante manovre di loro esclusiva competenza. Niente di più sbagliato, poiché il compito dell’infermiere laureato è assistere il paziente nella sua complessità gestionale e non il medico.
Convergendo verso lo specifico, in alcuni esami diagnostico – terapeutici ad elevata complessità clinica, la figura infermieristica è fondamentale affinchè tutto l’iter del processo di cura raggiunga l’obiettivo finale. L’assistenza infermieristica, come già citato in precedenza, è centrata sul benessere del paziente e di conseguenza il ruolo infermieristico, durante le procedure mediche, è fondato sul mantenimento e sulle risposte in merito ai bisogni clinico – assistenziali dell’utente, come ad esempio, il corretto posizionamento, il monitoraggio emodinamico, la rilevazione dei segni e dei sintomi e quindi dello stato di salute, la somministrazione dei farmaci, il riconoscimento di eventuali situazioni avverse prevenendo quelle condizioni che possano portare ad un exitus dell’utente stesso.
Invece, in questi contesti alcune volte assistiamo ad un travisamento della professione infermieristica, che si limita a fornire un’assistenza superficiale e minima all’utente bisognoso di cure, trascurando l’ottimizzazione della stessa, ottenibile tramite l’attuazione del processo di nursing, per poi concentrarsi su tutto ciò che il medico possa richiedere in quel preciso istante, attraverso attività alementari proprie di altri operatori meno qualificati.
Ricordiamo che spesso tali richieste, ledono l’immagine del professionista infermiere, sottoponendolo allo svolgimento di attività meramente esecutive, elementari come (fornire le garze, i cerotti, smaltire il materiale utilizzato, ecc… tutte competenze tipiche del personale ausiliario di supporto) provocando una forte messa in discussione del concetto di autonomia che l’infermiere ha visto riconoscersi dal legislatore, con grandi sacrifici e lotte intestine.
Avete mai visto un medico preparare il materiale per una procedura di competenza infermieristica come ad esempio, il posizionamento di un sondino naso – gastrico, o di un catetere vescicale, oppure di un catetere venoso periferico?
Assolutamente no,!
basandosi sul principio legislativo dell’accessorietà o strumentalità di una mansione, motivata nell’articolo “L’accessorietà in sanità” da parte del prof. Mauro Di Fresco (VEDI).
L’accessorietà o la strumentalità di una mansione, deve avere riguardo alla sua continuità in modo tale da rendere la prestazione completa cioè perfetta, compiuta, tanto da potersi legare alla prestazione principale tramite un rapporto di logica conseguenza in modo che la ratio sottesa le renda uniche ed imprescindibili l’una all’altra.
Per esempio, la somministrazione endovenosa di un farmaco renderà imprescindibile la rottura della fiale, la sua aspirazione nella siringa, la preparazione del materiale ovvero una serie di attività propedeutiche cioè preparatorie alla mansione (prestazione principale = somministrazione del farmaco) così come lo smaltimento della siringa e del materiale sarà un’attività consequenziale e terminale alla prestazione infermieristica.
Tutto ciò può essere applicato, anche per lo svolgimento prestazioni di esclusiva competenza medica, come ad esempio punture esplorative (rachicentesi, paracentesi, biopsia midollare, ecc…), ove è il medico stesso, a preparare tutto il materiale necessario per eseguire l’esame.
Concludendo, in questo articolo, non c’è l’intenzione di creare tensioni ed astio tra le figure professionali mediche ed infermieristiche poiché la collaborazione tra le due è fondamentale per ottenere un risultato finale, ottimale, in termini di cure e prestazioni.
Questo discorso introduce il concetto di lavoro in equipe multidisciplinare, dove in molte realtà è ancora un oggetto sconosciuto, utopistico. La collaborazione dev’essere vera, qualitativa, bilaterale, ove ogni professionista fornisce le proprie competenze all’utente, in base a quanto acquisito durante il percorso di studi e non di genuflessione nei confronti del medico.
Collaboriamo con il medico e con le altre figure professionali, secondo le proprie competenze acquisite, senza dimenticare che l’infermiere è nato per assistere il paziente, e non altri professionisti.
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Leonardo Gialloreto