La presidente della Fnopi, Mangiacavalli, sottolinea che per affrontare la carenza di personale è fondamentale offrire ai giovani prospettive professionali chiare, maggiori responsabilità e retribuzioni competitive.
«Non ci preoccupa l’arrivo di infermieri dall’estero, ce ne sono già tanti. L’importante è che avvenga secondo regole chiare, senza le deroghe di questi ultimi anni». Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è cautamente positiva anche sulla Manovra: «È ancora lunga la strada per rendere nuovamente attrattiva la professione infermieristica, di cui c’è così tanta carenza: tuttavia, alcuni segnali ci sono. E stiamo costruendo nuovi percorsi con i ministeri della Salute e dell’Università».
Non è una novità che in Italia operino già decine di migliaia di infermieri stranieri. Negli ultimi quattro anni, grazie a deroghe introdotte durante l’emergenza pandemica, sono arrivati senza un riconoscimento formale dei titoli o iscrizione all’Albo. Circa 12mila di questi professionisti (insieme ad alcuni medici) non sono soggetti alla vigilanza dell’Ordine, il quale ha il compito di garantire la salute dei cittadini. Questa misura emergenziale presenta diverse criticità e sarebbe opportuno interromperla anticipatamente. L’accordo con l’India potrebbe risolvere questa situazione anomala, stabilendo regole chiare, come il riconoscimento dei titoli di studio, una conoscenza adeguata della lingua italiana e l’iscrizione all’Ordine.
Questa iniezione di infermieri indiani è sufficiente a colmare le carenze di personale?
Attualmente, in Italia si registrano almeno 65mila infermieri mancanti. Sebbene gli arrivi dall’estero possano rappresentare una soluzione immediata, è essenziale anche pianificare il futuro. Dalla metà degli anni Novanta, la carenza di infermieri si presenta ciclicamente ogni 15-18 anni. Tuttavia, i decisori politici non affrontano il problema in modo strutturale. Sono stati introdotti incrementi salariali, borse di studio e nuove figure professionali, ma nessuno ha affrontato le cause profonde della questione.
Quali soluzioni propone la Fnopi?
Finora la nostra è stata una professione piatta, senza prospettive di carriera in ambito clinico, ma solo nei ruoli gestionali. Sino agli anni Novanta, quando nel pubblico impiego si andava in pensione dopo 20-25 anni, poteva avere una certa plausibilità. Ma ormai si va in pensione dopo 42 anni di un lavoro, che inizia dopo una laurea triennale, usurante dal punto di vista psicologico e fisico (ma non riconosciuto tale). Gli unici aumenti di stipendio sono legati ai rinnovi contrattuali e agli automatismi per anzianità. Per rendere attrattiva la professione ai giovani bisogna dare la possibilità di un incremento stipendiale legato all’assunzione di responsabilità e allo sviluppo di competenze specialistiche. Oggi abbiamo circa 21mila domande per 20.500 posti nel corso di laurea in Infermieristica ma il 21% degli studenti abbandona, quando sirende conto che è una professione che, pur richiedendo un impegno sui 365 giorni l’anno e sette giorni su sette, non ha uno sviluppo di carriera.
Si sta facendo qualcosa in questa direzione?Abbiamo avviato un percorso con i ministeri della Salute e dell’Università per valorizzare la laurea specialistica, riconoscendo le competenze e le responsabilità attraverso un inquadramento contrattuale, giuridico ed economico differenziato. È chiaro che i risultati si vedranno nel lungo termine; nel frattempo, concordiamo sull’importanza di accogliere infermieri dall’estero per affrontare le esigenze immediate. Le nuove competenze includono anche la gestione infermieristica di alcune prescrizioni.
Non teme che questa possibilità possa generare concorrenza e tensioni con i medici?
Si tratta di prescrizioni di presidi e ausili per l’assistenza infermieristica: per l’incontinenza, per le stomie, per le medicazioni avanzate. Presidi che oggi gli infermieri utilizzano ma non possono prescrivere: devono dirlo al medico che trascrive quello che indica l’infermiere per il paziente. Da due anni ne parlo con la Federazione dei medici (Fnomceo). La sanità è un atto complesso, agito da oltre trenta professioni, che devono collaborare.
Alcune categorie sono già sul piede di guerra. Le risorse stanziate in Manovra sono adeguate?
Gli infermieri lamentano uno stipendio che è inferiore in media del 22-24% rispetto agli altri Paesi Ocse europei. Nella Manovra c’è l’incremento dell’indennità di specificità infermieristica: poco quest’anno, più sostanzioso dal 2026. Ma, vista l’attuale situazione economica, più che sulle maggiori risorse puntiamo, con gli emendamenti, ad arrivare a una sterilizzazione del cuneo fiscale e a una detassazione di alcune indennità: più che maggiori spese, prevediamo per lo Stato minori entrate. E aumentare il netto piuttosto che il lordo della busta paga. Però le questioni infermieristiche, per la prima volta, sono entrate nella bozza di legge uscita dal governo. Un passo che apprezziamo, ma ne servono ancora molti altri.