Rese note le motivazioni della scarcerazione di Fausta Bonino, l’infermiera accusata di avere provocato la morte di 13 pazienti nell’ospedale di Piombino. Per i giudici le prove raccolte dalla Procura e dai Nas sono “non sono connotate da gravità, precisione e concordanza”. L’avvocato: “Troppo facile la custodia cautelare. Quel che è accaduto a Fausta potrebbe accadere a ciascuno di noi”.
23 MAG – Gli elementi indiziari raccolti dalla Procura di Livorno e dai Nas contro l’infermiera Fausta Bonino, accusata di avere volutamente ucciso 13 pazienti dell’ospedale di Piombino, sono “non sono connotati da gravità, precisione e concordanza”. Lo ha stabilito il Tribunale del Riesame di Firenze nelle motivazioni che hanno portato i giudici a decidere la scarcerazione dell’infermiera.
Nelle motivazioni, rese pubbliche a distanza di un mese dalla scarcerazione, i giudici parlano di “insussistenza della gravità indiziaria”.Le intercettazioni telefoniche ” non sono in alcun modo rilevanti posto che la Bonino era consapevole di essere intercettata”. E quelle stesse intercettazioni, che, osservano i giudici, “completerebbero, secondo il gip, il quadro accusatorio rivelando un soggetto volto a carpire gli esiti delle indagini e a condizionarle”, traspare “in realtà a momenti un senso di impotenza, la sensazione di accerchiamento, la rabbia per essere stata sacrificata dalle colleghe”.
E ancora: per 8 decessi, dei 13 di cui è indagata “non vi sono riscontri ematochimici” che confermino che siano stati causati dalla somministrazione di eparina. Per altri quattro decessi, dove verosimilmente lo scoagulamento non compatibile con le patologie dei pazienti fu causa della morte, il riesame pone dubbi, differenziando fra i vari casi, sul momento di somministrazione dell’eparina e sul lasso temporale col momento del decesso.
Nelle motivazioni i giudici del riesame “in mancanza di una relazione medico-legale (la perizia è in corso di esecuzione)” richiamano inoltre la necessità di chiarimenti con “riferimento al lasso temporale dell’effettuazione dell’eparina, agli effetti dell’eparina, ai tempi di reazione, alle variabili dipendenti dalle condizioni di salute, dall’età, da eventuali patologie in atto, elemento che costituisce a parere del collegio il punto nodale”.
Per i giudici del riesame, dunque, “l’ipotesi investigativa seguita dal Nas e fatta propria dalla procura” della somministrazione volontaria dell’eparina per procurare la morte dei pazienti “non può pertanto ritenersi assodata se non altro quanto ai decessi” di quattro pazienti, “richiamandosi in merito gli esiti delle analisi e le valutazioni di carattere medico”.
Insomma, le prove contro Fausta Bonino non reggono. Un pronunciamento, quello dei giudici del riesame, accolto con grande soddisfazione dall’avvocato della difesa, Cesarina Barghini, che sul suo profilo Facebook evidenzia come “in questo cataclisma giudiziario e – purtroppo – mediatico, che ha girato il mondo (nel vero senso geografico della locuzione)”, la tesi “giusta e sana” tesi della difesa “sulla insussistenza delle accuse” a carico di Fausta Bonino “è stata ampiamente condivisa dal Tribunale del Riesame di Firenze, meglio noto – e non per caso – come Tribunale della Libertà!”.
Tuttavia, l’avvocato Barghini denuncia nel suo messaccio “la gravità di quanto accaduto”, che “aprire a tutti gli occhi sulla facilità con la quale la misura della custodia cautelare in carcere può essere disposta, in violazione delle regole ben chiare dettate dal codice di procedura penale. E questo non dovrebbe accadere, perché la Libertà è il bene più prezioso dell’uomo e nessuno può esserne privato senza che ricorrano le condizioni previste dalla legge”.
“Su Fausta, in particolare – osserva l’avvocato Barghini -, l’errore macroscopico degli inquirenti, a nostro avviso ( e ci conforta il Tribunale del Riesame) è stato quello di affidarsi alle indicazioni ricevute dall’azienda, e lavorare esclusivamente su quelle, astenendosi da svolgere un’indagine scientifica autonoma, mirata alla ricerca di ipotesi alternative rispetto a quelle suggerite. Lo abbiamo fatto noi. Bastava una perizia svolta da un esperto nelle dinamiche della coagulazione, un’indagine psichiatrica/epilettologica, e un medico con un’eccellente esperienza clinica, come Aldo, che sviscerasse, cartella per cartella, tutte le sfaccettature patologiche di quei 13 (14 in itinere ) decessi, per evitare che questo corto circuito logico-giuridico esplodesse con tutta l’energia negativa che, come una meteora impazzita, è piombata nella serena ( fino a quel momento ) vita di Fausta”.
“Probabilmente – prosegue l’avvocato Barghini -, se i pubblici ministeri si confrontassero un pò di più ed un pò più serenamente con i difensori, anzichè trincerarsi dietro un muro impenetrabile, personalmente penso che tanti errori si potrebbero evitare. Del resto siamo parti contrapposte processualmente, ma lo siamo su un piano di parità. Accusa e Difesa non devono essere necessariamente ‘nemici’, soprattutto quando si tratta di capire cosa è successo all’interno di una struttura ospedaliera pubblica, della quale ognuno di noi, o dei nostri cari, potrebbe potenzialmente essere ospite. Infondo, nessuno più di noi, sin da quando Fausta ricevette la comunicazione del trasferimento in un altro reparto (nel quale – di fatto ed incomprensibilmente – le venivano legate le mani) si è messo a lavorare freneticamente alla ricerca della Verità, avvalendosi delle migliori risorse professionali a disposizione; a proposito: grazie Dr. Aldo Claris Appiani, grazie Dr. Andrea Artoni, grazie Dr. Mario Mantero! Con i primi risultati scientifici presentati in udienza, abbiamo provato a spiegare che la strada scelta dagli inquirenti, a nostro modesto avviso, non era quella giusta, ma a tutta risposta ci siamo visti arrivare anche il 14^ addebito di omicidio!”.
Dall’avvocato Barghini, dunque, “l’invito a riflettere tuttti attentamente su questa paradossale vicenda, poiché – e questo sia chiaro – quel che è accaduto a Fausta quell’indimenticabile 30 marzo 2016, domani potrebbe vedere protagonista ciascuno di noi”.
23 maggio 2016