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AADI e Codice Deontologico: disamina e critica sulla proposta della Federazione
Presentato al Consiglio Nazionale Ipasvi di Roma il 26 novembre 2016, il nuovo Codice Deontologico degli infermieri entra nella fase del confronto con tutti i professionisti che potranno partecipare nella sua stesura definitiva proponendo dei correttivi che saranno successivamente esaminati dalla commissione di lavoro della Federazione.
Sarà attivato infatti un percorso intranet (con link dedicato) per cui ogni iscritto ipasvi potrà comunicare osservazioni e proporre modifiche al proprio collegio ipasvi di competenza, successivamente saranno elaborate dal consiglio direttivo provinciale e verranno trasmesse attraverso una relazione dettagliata al Comitato Centrale Ipasvi.
La consultazione che sarà attivata presumibilmente nei prossimi giorni si concluderà molto probabilmente nel mese di marzo/aprile.
Successivamente il Comitato Centrale della Federazione Nazionale collegi Ipasvi trasmetterà tutti i dati pervenuti dai collegi provinciali alla commissione di lavoro preposta, che provvederà alla loro rielaborazione, fino ad arrivare alla presentazione di una bozza (semidefinitiva) presumibilmente entro ottobre 2017.
La Presentazione definitiva del nuovo Codice deontologico degli infermieri avverrà in occasione del congresso nazionale previsto per il 2018.
Di seguito proponiamo la disamina del nuovo codice proposta dall’AADI (associazione Avvocatura Diritto Infermieristico).
Capo I – I principi e i valori
1. L’infermiere è il professionista sanitario che nasce, si sviluppa ed è sostenuto da una rete di valori e saperi scientifici. Persegue l’ideale di servizio. È integrato nel suo tempo e si pone come agente attivo nella società a cui appartiene e in cui esercita.
Cosa si intende per ideale di servizio? Se si allude alle decisioni datoriali che possono anche essere indirizzate al demansionamento o all’utilizzo improprio delle competenze professionali, è meglio specificare, onde evitare di incorrere in eventuali arbitri datoriali.
L’ideale di servizio, etimologicamente, è l’ideale del teorema di Ford cioè della subordinazione alla produzione, all’industria, al sacrificare l’uomo per il benessere del materialismo.
L’infermiere è un professionista sanitario che sviluppa la sua competenza sulla base di saperi scientifici, di conoscenze specifiche e di valori dell’etica. E’ integrato nel suo tempo e si pone come soggetto attivo nella società cui appartiene. Si impegna affinché sia rispettata la dignità personale dell’utente, dei colleghi, degli operatori sanitari e vigila e si attiva per mantenere il luogo di lavoro sicuro e sereno.
2. L’infermiere persegue l’ideale di servizio orientando il suo agire al bene della persona, della famiglia e della collettività. Le sue azioni si realizzano e si sviluppano nell’ambito dell’assistenza, dell’organizzazione, dell’educazione e della ricerca.
Ci risiamo: ideale di servizio è un termine che lascia troppo spazio alle interpretazioni pericolose, il bene della persona è un termine generico che può integrare ogni genere di attività.
I dizionari definiscono servizio: 1 Prestazione di lavoro domestico in case private || donna di s., domestica | a tutto s., a mezzo s., con riferimento a persona, spec. domestica, che lavora, rispettivamente, per l’intera giornata o solo per metà giornata | porta, scala di s., nei locali pubblici, ingresso secondario, riservato agli addetti ai lavori; 2 Prestazione del cameriere in un bar, in un ristorante e sim.: conto comprensivo del s..
L’infermiere si prende cura della persona, della famiglia e della collettività, attraverso il proprio agire diretto e indiretto cioè gestendo il personale subalterno e si attiva per rendere il posto di lavoro sicuro e sereno. Tratta tutti come individui e rispetta la loro dignità senza distinzioni di sorta. Attraverso il coordinamento e la gestione di risorse umane e materiali, si adopera affinché la persona, la famiglia e la collettività abbiano le migliori cure e la migliore assistenza diretta e indiretta.
3. L’infermiere cura e si prende cura, nel rispetto della dignità, della libertà, dell’uguaglianza della persona assistita, delle sue scelte di vita e della sua concezione di salute e di benessere.
Troppo generico e ridondante. Quali scelte di vita, anche del suicidio assistito?
Può essere eliminato e migliorato l’art. 2.
4. L’infermiere nell’agire professionale utilizza l’ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono.
Anche qui si utilizzano termini troppo generici, tali da ingenerare possibili attività non pertinenti quali la psicologia.
L’infermiere nel suo agire professionale si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in stato di abbandono attivandosi in collaborazione con altri professionisti sanitari e socio-sanitari ausiliari per garantirgli l’assistenza sanitaria, igienico-domestico-alberghiera, sociale e morale.
5. L’infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici. Promuove il ricorso alla consulenza anche al fine di contribuire all’approfondimento e alla riflessione etica.
Nulla da eccepire.
6. L’infermiere si impegna a sostenere la relazione assistenziale anche qualora la persona manifesti concezioni etiche diverse dalle proprie. Laddove la persona assistita esprimesse e persistesse in una richiesta di attività in contrasto con i principi e i valori dell’infermiere e/o con le norme deontologiche della professione, si avvale della clausola di coscienza rendendosi garante della continuità assistenziale.
Ossia? cosa dovrebbe fare l’infermiere? come esprime la clausola di coscienza? L’autodeterminazione del paziente è sacrosanta e deve essere rispettata anche quando cozza contro il codice deontologico ma mai contro la normativa penale. L’obiezione di coscienza non è soggettivizzata ma va addestrata secondo il sentire sociale cioè secondo regole ben definite dall’ordinamento (legge n. 194/78; la legge n. 413/93; legge n. 40/04). Il paziente, una volta correttamente edotto sugli scenari, è libero di scegliere, accettare anche parzialmente, rifiutare le cure o proporre soluzioni alternative. L’infermiere rispetta la scelta e persegue le finalità di cure nel senso delineato dal paziente, capace di intendere e di volere, una volta che ha formalizzato la sua volontà.
L’infermiere si impegna a sostenere la relazione assistenziale anche qualora la persona manifesti concezioni etiche, sociali, culturali, scientifiche, cliniche, diagnostiche e terapeutiche diverse dalle proprie. Laddove la persona assistita esprimesse e persistesse in una richiesta di attività in contrasto con i principi e i valori dell’infermiere, si garantirà comunque la continuità assistenziale anche attraverso la collaborazione e di concerto con gli altri professionisti sanitari e con le istituzioni preposte. Nei casi previsti dalla legge potrà avvalersi dell’obiezione di coscienza, evitando di ricorrere a questa scriminante per motivi futili o di opportunità.
Capo II – La funzione assistenziale
7. L’infermiere tutela l’ambiente e promuove stili di vita sani anche progettando specifici interventi educativi e informativi a singoli, gruppi e collettività, organizzandoli e partecipando ad essi.
7. L’infermiere tutela l’ambiente, anche di lavoro, e promuove stili di vita sani anche progettando specifici interventi educativi e informativi a singoli, gruppi e collettività, organizzandoli e partecipando ad essi.
8. L’infermiere dà valore alla ricerca e alla sperimentazione. Progetta, svolge e partecipa a percorsi di ricerca in ambito clinico, assistenziale e organizzativo di cui cura e diffonde i risultati.
Nulla da eccepire.
9. L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso il pensiero critico, l’educazione continua, l’esperienza, lo studio e la ricerca. Progetta, svolge e partecipa ad attività di formazione.
Nulla da eccepire.
10. L’infermiere adotta comportamenti leali e collaborativi con i colleghi e gli altri operatori. Riconosce e valorizza il loro specifico apporto nel processo di assistenza. Si forma e/o chiede supervisione per attività nuove o sulle quali ha limitata casistica.
Nulla da eccepire.
11. L’infermiere agisce sulla base del proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento e/o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti.
Nulla da eccepire.
12. L’infermiere presta consulenza ponendo le sue conoscenze e abilità a disposizione della propria e delle altre comunità professionali e delle istituzioni.
Nulla da eccepire.
13. L’infermiere riconosce che l’interazione e l’integrazione intra e inter professionale sono fondamentali per rispondere alle richieste della persona.
Anche qui molto generico e fumoso; potrebbe favorire una integrazione intesa a sopperire alle carenze di personale.
L’infermiere riconosce che l’interazione e l’integrazione intra e inter professionale sono fondamentali per rispondere alle richieste della persona, nel rispetto delle proprie competenze professionali e delle relative attività.
Capo III – La relazione e la comunicazione
14. L’infermiere ascolta la persona assistita, la informa e dialoga con essa per valutare, definire, qualificare e attuare la risposta curativo assistenziale e facilitarla nell’esprimere le proprie scelte.
Nulla da eccepire.
15. L’infermiere rileva e facilita l’espressione del dolore della persona assistita durante l’intero processo di cura. Si adopera affinché la persona assistita sia libera dal dolore.
Nulla da eccepire.
16. L’infermiere favorisce i rapporti della persona assistita con chi le è di riferimento e con la sua comunità, tenendo conto della dimensione interculturale.
Nulla da eccepire.
17. L’infermiere conosce il progetto diagnostico e terapeutico. Dà valore all’informazione integrata multi professionale di cui cura la relativa documentazione. Si adopera affinché la persona assistita disponga delle informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita.
Nulla da eccepire.
18. L’infermiere nell’esercizio professionale assicura e tutela la riservatezza della persona assistita e dei dati ad essa relativi durante l’intero processo di cura. Nel trattare i dati si limita a ciò che è attinente all’assistenza.
Nulla da eccepire.
19. L’infermiere rispetta la esplicita volontà della persona assistita di non essere informata sul proprio stato di salute, purché tale mancata informazione non sia di pericolo per la persona stessa o per gli altri.
Nulla da eccepire.
20. L’infermiere sostiene la relazione con la persona assistita che si trova in condizioni che ne limitano l’espressione o la definizione e lo sviluppo del suo progetto di vita.
Nulla da eccepire.
21. L’infermiere che rileva privazioni o maltrattamenti sulla persona assistita, segnala le circostanze all’autorità competente e si attiva perché vi sia un rapido intervento.
Nulla da eccepire.
22. L’infermiere si adopera affinché sia presa in considerazione l’opinione del minore rispetto alle scelte curative, assistenziali e sperimentali, tenuto conto della sua età e del suo grado di maturità.
Nulla da eccepire.
23. L’infermiere, quando la persona assistita non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto da lei documentato o chiaramente espresso in precedenza.
Nulla da eccepire.
24. L’infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima convinzione e come espressione concreta del rapporto di fiducia con la persona assistita.
Nulla da eccepire.
25. L’infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informatici, si comporta con correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità.
Nulla da eccepire.
Capo IV – Il fine vita
26. L’infermiere presta assistenza fino al termine della vita della persona assistita. Riconosce l’importanza del gesto assistenziale, della palliazione, del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale.
Nulla da eccepire.
27. L’infermiere tutela la volontà della persona assistita di porre dei limiti agli interventi che ritiene non siano proporzionati alla sua condizione clinica o coerenti con la concezione di qualità della vita espressa dalla persona stessa.
Nulla da eccepire.
28. L’infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento della persona assistita, nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione del lutto.
Nulla da eccepire.
Capo V – L’organizzazione e la funzione assistenziale
29. L’infermiere ai diversi livelli di responsabilità assistenziale, gestionale e formativa, partecipa e contribuisce alle scelte dell’organizzazione, alla definizione dei modelli assistenziali, formativi ed organizzativi, all’equa allocazione delle risorse e alla valorizzazione della funzione infermieristica e del ruolo professionale.
Nulla da eccepire.
30. L’infermiere concorre alla valutazione del contesto organizzativo, gestionale e logistico in cui si trova la persona assistita e formalizza e comunica il risultato delle sue valutazioni.
Nulla da eccepire.
31. L’infermiere, dipendente o libero professionista, partecipa al governo clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della persona assistita, fa propri i percorsi di prevenzione e gestione del rischio e aderisce fattivamente alle procedure operative, alle metodologie di analisi degli eventi accaduti e alle modalità di informazione alle persone coinvolte.
31. L’infermiere, dipendente o libero professionista, partecipa al governo clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della persona assistita e di quanti operano nel suo interesse, fa propri i percorsi di prevenzione e gestione del rischio e aderisce fattivamente alle procedure operative, alle metodologie di analisi degli eventi accaduti e alle modalità di informazione alle persone coinvolte.
32. L’infermiere pone in essere quanto necessario per proteggere la persona assistita da eventi accidentali e/o dannosi, mantenendo inalterata la di lei libertà e dignità.
Nulla da eccepire.
33. L’infermiere, qualora l’organizzazione chiedesse o pianificasse attività assistenziali, gestionali o formative in contrasto con i propri principi e valori e/o con le norme della professione, si attiva per proporre soluzioni alternative e se necessario si avvale della clausola di coscienza.
Cosa significa? Che se la coscienza mi dice che il paziente ha necessità di essere cambiato, lavato, accudito lo devo fare per sostituire il personale O.S.S. assente e devo impegnarmi per svolgere le attività non di mia pertinenza? La clausola di coscienza non ha valore giuridico e come tale è meramente rivolta alla sfera personale delle credenze religiose, politiche o sociali.
L’infermiere, qualora l’organizzazione chiedesse o pianificasse attività assistenziali, gestionali o formative in contrasto con la legge, i propri principi e valori e/o con le norme della professione, si attiva per proporre legittime soluzioni anche giudiziarie, ma in rispetto della propria dignità e finalizzate alle cure qualitative per l’utente, anche rifiutandosi di sottostare a logiche di sfruttamento e disorganizzazione sanitaria.
Capo VI – L’infermiere e il Collegio professionale.
34. L’infermiere e il Collegio professionale si impegnano affinché l’agire del professionista sia libero da condizionamenti, interessi, pressioni di assistiti, familiari, altri operatori, imprese, associazioni, organismi.
Nulla da eccepire.
35. L’infermiere e il Collegio professionale si adoperano per sostenere la qualità e l’appropriatezza dell’esercizio professionale infermieristico.
Nulla da eccepire.
36. L’infermiere e il Collegio professionale segnalano le attività di cura e assistenza prive di basi e riscontri scientifici e/o di risultati validati.
Nulla da eccepire.
37. L’infermiere e il Collegio professionale denunciano l’esercizio abusivo della professione infermieristica.
Nulla da eccepire.
38. L’infermiere e il Collegio professionale promuovono il valore e sostengono il prestigio della professione e della collettività infermieristica.
Nulla da eccepire.
39. L’infermiere tutela il proprio nome e il decoro personale. Osserva le indicazioni del Collegio professionale nella informazione e comunicazione pubblicitaria.
Nulla da eccepire.
40. L’infermiere esercita la funzione di rappresentanza professionale con dignità, correttezza e trasparenza. Utilizza espressioni e adotta comportamenti che sostengono e promuovono il decoro e l’immagine della comunità professionale e dei suoi attori istituzionali.
Nulla da eccepire.
Considerato che l’infermiere, iscritto al Collegio professionale ex art. 2229 C.C. ed abilitato all’esercizio professionale giusto esame di Stato, rientra nelle locatio operarum e non nelle locatio operis, deve spingere il proprio ruolo verso il novero delle professioni e non dei mestieri.
Pertanto questa Associazione propone alla Federazione IP.AS.VI. di inaugurare l’anno 2017 impegnandosi a liberare, con ogni azione politica e propositiva, la professione infermieristica subordinata pubblica e privata, dal vincolo di esclusività di cui all’art. 53 D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e all’art. 2105 C.C. affinché l’infermiere, al pari delle altre professione (es. medico) non sia più vincolato al pari del personale ausiliario e non laureato, alla contrattazione di comparto e alla esclusiva attività intramuraria.
Solo parificando l’infermiere al medico si potrà veramente affrancare la nostra professione proiettandola verso il futuro che merita, svincolandola dalle regole che disciplinano i mestieri.
Oggi l’infermiere è annoverato tra gli operai, gli ascensoristi, gli idraulici, gli elettricisti, gli autisti ed è collocato in una piramide gerarchica ibrida che accomuna i mestieranti alla professione infermieristica, dove il capo fognario è maggiormente apprezzato sia gerarchicamente che economicamente.
Non si può parlare di professione finché l’infermiere sarà allocato tra i mestieri.
Disposizioni finali.
Le norme deontologiche contenute nel presente Codice sono vincolanti; la loro inosservanza è sanzionata dal Collegio professionale.
I Collegi professionali sono garanti della qualificazione dei professionisti e delle competenze da loro acquisite e sviluppate.
I Collegi professionali, recepiscono e attuano le indicazioni legislative, regolamentari e giuridiche, inerenti il loro essere enti ausiliari dello Stato.
F.to il presidente AADI
PER UN NUOVO CODICE DEONTOLOGICO… SOTTO LA TORRE DI PISA?
Carissimi e gentilissimi colleghi infermieri. Solo qualche quesito e qualche sconclusionata conclusione. Senza pretesa alcuna. Con molta preoccupazione. In lotta contro ogni forma di insistente disamoramento sempre alle porte. La proposta di Pisa, relativa ad un nuovo Codice Deontologico, ha aperto, e ritengo a ragione, un importante dibattito.
«Non ha avuto vita facile: osteggiata duramente fin dall’inizio dalla FNC per la sua “irritualità”, grazie però alla profondità dei suoi contenuti ha innescato un forte dibattito, anche interno alla FNC, mettendo in luce l’esistenza di una doppia anima nella Federazione, divisa tra una frangia più conservatrice e poco incline al cambiamento vero, e una più riformatrice e aperta alle sfide del futuro.»
Nessuno schieramento per nessuna anima non mi esime dal pormi almeno qualche quesito tra i tanti che, al di là dell’occasionalità del nuovo Codice, mi assillano nella pratica giornaliera.
1) – Il Codice Deontologico vuole essere una tautologia della già inequivocabile quanto basta legislazione?
2) – Nonostante una legislazione accettabile e condivisibile nelle sue linee generali e nonostante un Codice Deontologico che, se non è proprio un’opera d’arte è indicativo oltre che prescrittivo, l’ancora attuale riduzione dell’infermiere a subalternità al medico e non solo, è proprio dovuta ad una carenza di legislazione e di Codice Deontologico?
3) – Personalmente, fino a questo momento, pensando sulla professione infermieristica, non ho avuto bisogno di fare ricorso al concetto di “coevoluzione” mentre sto cercando di capire se mi può servire ed eventualmente come e perché. Ho trovato di grande aiuto fare ricorso al concetto composto di “mutuo appoggio in mutuo aiuto”. Sia l’uno che l’altro concetto sembra richiedano un accordo a monte, una decisionalità a monte; come minimo tra due parti. Richiedono un matrimonio e, per chi aborrisce ogni fede e ogni religione, richiedono un contratto; come minimo tra due contraenti. Nel caso degli infermieri si sta parlando di “coevoluzione” prima di tutto tra infermieri e medici.
Allora una quasi conclusione. È da più di trent’anni che faccio l’infermiere nei servizi della Salute Mentale. Pur nel rispetto della legislazione infermieristica, pur nel rispetto di ogni prescrizione deontologica, pur nel rispetto di ogni legislazione aziendale, pur nel rispetto di ogni legislazione legata alla Psichiatria riformata in Salute Mentale, pur nel rispetto e nel riconoscimento dell’altrui professione, sia da parte di medici che da parte di infermieri, ho trovato pochissimi, contati, professionisti che hanno dichiarato di volersi “coevolvere” o di volersi porre in una condizione di “mutuo appoggio in mutuo aiuto”. Ciò ha contribuito enormemente al mantenimento della riduzione dell’infermiere ad una subalternità al medico e non solo.
Sto facendo riferimento alla mia esperienza personale senza per questo comunque dimenticare quanto è stato detto ed è stato scritto e denunciato negli anni da tantissmi altri infermmieri della Salute Mentale e non solo. Devo addebitare tutto ciò ad una carenza di legislazione e di Codice Deontologico?
Vi dico subito che per me sarebbe facile e proprio una scorciatoia oltre che l’aver trovato una soluzione. Ma dico pure che una tale conclusione forse porterà alla redazione di una nuova Bibbia Deontologica ma non porterà certamente né ad una reale autonomia dell’Infermiere, né del Paziente, né della Comunità.
Qualche quesito ancora.
– In una condizione in cui un medico toglie un polmone, toglie un rene, toglie un pezzo di intestino ad un paziente perché quell’intervento fa guadagnare di più a lui e alla sua azienda, sia in prestigio che in denaro, pensate che ci sia stato un contratto “coevolutivo” tra medici e infermieri?
– Pensate che ci possa essere possibilità di “coevoluzione” in una tale condizione che indica una precisa progettualità?
– Per un paziente è importantissimo avere un letto ben fatto, con lenzuola senza pieghe, senza buchi, ben stirate, ben tese. E l’infermiere lo sa benissimo e lo condivide perfettamente. Alla prova orale ai concorsi per infermiere, al Nord, l’infermiere veniva bocciato e non superava l’esame quando non aveva saputo rispondere alla seguente domanda, qualche volta posta da una suora: come fa l’infermiere a capire e verificare se il lenzuolo è ben steso, ben teso, ben stirato sul materasso?
Una domanda per una verifica importantissima, e di qualità, che dichiarava di quanta attenzione si stesse dedicando da parte della Sanità alla persona sofferente fino a spingersi in quella che solo apparentemente poteva sembrare la pignoleria del lenzuolo teso e di escludere quell’infermiere, bocciandolo, che non sapeva rispondere, non approssimativamente ma precisamente, a quel quesito. Potrei giurare che dal 1985 ad oggi non ho mai trovato un letto di un paziente, un materasso o un lenzuolo che m’avessero consentito di mettere in pratica quella verifica a cui avevo imparato perfino a tenere tanto. Non parliamo delle condizione dei cuscini, dei materassi non degni nemmeno d’un cane randagio, di lenzuola bucate o di lenzuola che la gente deve portarsi da casa. Per non parlare dei pazienti coricati sui pavimenti e di tant’altro ancora.
Quella prova consisteva nella seguente pratica: l’infermiere deve (non facoltativo ma prescrittivo) lanciare una moneta sul lenzuolo steso. Se la moneta rimbalza, il lenzuolo è ben stirato e l’operazione di rifacimento si può completare; se la moneta muore, affonda, si blocca sulla tela, il lenzuolo è messo male, non è stirato bene sul materasso e si deve riposizionare.
Pensate che l’infermiere si possa e si debba “coevolvere” con qualcuno in una tale condizione che indica una precisa progettualità?
Pensate che tutto ciò sia da addebitare ad un qualche Codice andato a male?
Qualche dubbio mi sovviene. Durante tutta la mia attività infermieristica ho preso coscienza delle richieste, con diversa provenienza, rivolte all’infermiere di complicità e di collusione (Attenzione! Non complicità e collusione in positivo ma complicità e collusione della peggiore specie.) non con la relazionalità empatica e antiautoritaria alla base di ogni buona assistenza infermieristica ma con una relazionalità autoritaria e di Potere che nulla può e deve avere a che fare nemmeno con la peggiore delle assistenze infermieristiche.
C’è il pericolo che la “coevoluzione”, per come si sta affrontando il dibattito si trasformi da possibile potenzialità positiva in un diverso modo di chiedere complicità ad una solo diversa relazionalità di Potere?
Gaetano Bonanno