Sentenza del Tribunale del Lavoro perorata dall’Associazione A.D.I.
Commento:
L’art. 55, co. 1 della legge 17 maggio 1999 n. 144 ha disposto la disciplina delle malattie professionali, realizzata con legge n. 38 del 23 febbraio 2000, sulla base di quanto previsto dall’art 139 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124.
La normativa dispone che una Commissione medico legale istituita presso il Ministero della Salute, rediga e aggiorni una tabella che riconosce, automaticamente, determinate patologie come professionali che, se dimostrate su soggetti lavoratori che svolgono una determinata attività, parimenti al nesso di causalità, determinano l’accertamento di malattia professionale e la conseguente liquidazione del danno che è fisso per tutti e non tiene conto dei vari aspetti dinamico-relazionali o morali che il lavoratore potrebbe lamentare.
Difatti non si parla di risarcimento ma di indennizzo e precisamente di equo indennizzo proprio perché è tariffato in maniera statica secondo il valore nominale dell’indice percentuale di invalidità permanente e l’età del danneggiato al momento della domanda stragiudiziale.
Un danno permanente all’integrità psico-fisica (c.d. danno biologico puro) fino al 6% è ritenuto franchigia tollerabile e non da luogo a nessun indennizzo.
Un danno che va dal 6 al 15% è liquidato in conto capitale secondo delle tabelle INAIL (aggiornate anno per anno) cioè è versato in toto sul conto corrente del lavoratore.
Un danno che va dal 16% in poi è liquidato in conto rendita cioè si versa alla vittima una somma che va da appena 100 euro a circa 1200 euro al mese, secondo la percentuale di invalidità permanente riconosciuta e l’età del danneggiato al momento della domanda.
Esistono, quindi, due tabelle INAIL:
* la tabella delle tecnopatie, che elenca le varie patologie riconosciute professionali;
* la tabella del danno biologico che permette di ricavare il valore indennitario dall’indice di invalidità permanente e l’età della vittima.
Per quanto ci riguarda è interessante esaminare la prima tabella.
La tabella è pubblicata per decreto ministeriale, oggi quella attualizzata è relativa al D.M. 27 aprile 2004, ma è evidente che non è possibile aggiornarla costantemente, quindi il Ministero attualizza la tabella mediante circolari attuative che tengono conto della scienza medica e della giurisprudenza in materia.
Evitando di affrontare la mansione relativa alla mobilizzazione del paziente e del suo sollevamento, premettendo che non è competenza dell’infermiere ma dell’ausiliario, la legge sulle malattie professionali (a differenza dell’infortunio) copre il danno patologico subito dal lavoratore, se si dimostra che ha svolto, di fatto, attività correlata all’insorgere della malattia lamentata, e ciò prescindendo dalla effettiva competenza o meno dell’attività in esame.
Tale presupposto tutela appieno la salute del lavoratore perché, diversamente, non sarebbe coperto da alcuna assicurazione contro le malattie professionali e dovrebbe agire per il risarcimento del danno direttamente contro il datore che lo ha costretto a svolgere mansioni improprie.
La procedura giudiziaria risulterebbe farraginosa e certamente defatigatoria rispetto alla pronta liquidazione del danno assicurativo.
Per questi motivi l’INAIL non può, per legge, indagare se tale attività era competenza dell’assicurato, ma può agire in via di regresso in caso di violazioni di legge, per esempio in caso di violazione sulla normativa posta a prevenzione degli infortuni e della malattie professionali sull’uso di particolari strumenti di lavoro o attività rischiose.
Comunque, in questo caso, entreremmo nell’istituto della responsabilità differenziale che non si intende trattare.
Continuando sulla questione che ci interessa, il danno da lesione delle cuffie dei rotatori non è una patologia tabellata per le attività di sollevamento dei pazienti, ma secondo l’Associazione A.D.I., che ha preparato il ricorso riveduto da uno Studio Legale, è facilmente dimostrabile in giudizio il nesso causale che lega la patologia, alle continue sollecitazioni dell’articolazione scapolo-omerale dovute alla mobilizzazione e al sollevamento dei pazienti (c.d. barellamento).
Non essendo tabellata non è possibile ottenere l’equo indennizzo de plano ma solo a fronte di una rigorosa dimostrazione in giudizio.
Il tribunale del Lavoro ha accolto la tesi dell’Associazione ed ha liquidato all’infermiere ricorrente quanto richiesto; perciò, grazie a questo importante precedente, ora anche gli infermieri come gli scaricatori di porto, potranno ottenere il riconoscimento per malattia professionale da usura della cuffia dei rotatori.
A.D.I
Sono infermiera da piu’ di 30 anni. Vorrei sapere se la mobilizzazione e l’igiene dei pazienti è considerato un nostro compito oppure quelo degli oss ? Quale percorso bisognia intraprendere per farsi riconoscere malattia professionale?
Gentilmente si potrebbe avere la sentenza.. Grazie anticipatamente