Ancora oggi nel 2017 molti colleghi non hanno ben chiaro cosa sia un processo di nursing nel processo di cura.
Riportiamo la sintesi di quello che molti di noi ancora oggi pensano,facendo fatica a comprendere gli ambiti di autonomia ed i rapporti che si instaurano con le altre professioni.
” L’applicazione del processo terapeutico dell’infermiere come da DM 739/94, pur essendo un’ attività in cui elevate sono le responsabilità professionali, rimane ancora culturalmente, un’ “attività esecutiva” e dove il potere decisionale della sua attivazione è determinato da un altro professionista, in questo caso il medico; spesso pensiamo che, finita la somministrazione della terapia, abbiamo esaurito il nostro mandato professionale”…e ancora.. “il nostro contributo autonomo non lo abbiamo ancora sviluppato in pieno e anzi, rimane improvvisato e relegato nei pochi spazi di tempo ritagliati nella pratica clinica quotidiana”..
Oggi vogliamo analizzare solamente una parte del processo di nursing con l’obiettivo di voler far più chiarezza in merito, senza alcuna connotazione di critica,bensì con spirito costruttivo.
Negli ultimi 30 anni,in relazione alla crescita e all’evoluzione del profilo professionale dell’infermiere,sono state emesse numerose sentenze della cassazione che delineano esaustivamente gli ambiti di autonomia in relazione anche alla somministrazione dei farmaci.
Somministrare una terapia non è un atto meramente meccanicistico, in quanto l’infermiere svolge questa importante attività grazie a le competenze acquisite durante il suo percorso formativo di laurea e post laurea ,che gli permettono di potere valutare lo stato di salute e la conseguente somministrazione del farmaco.
E’ bene chiarire che il medico riveste una posizione di garanzia nei confronti del paziente ed è tenuto a visitare ed a prescrivere una terapia.
Allo stesso modo L’infermiere è portatore di garanzia nei confronti del paziente ed e’ tenuto a somministrare la terapia prescritta.
Pertanto l’infermiere in autonomia valuta il processo assistenziale attraverso la diagnosi Infermieristica,somministra la terapia, programma i piano assistenziali adeguati avvalendosi per tale fine del personale di supporto,il quale svolge un ruolo importantissimo nel processo di nursing in ordine all’assistenza di base.
ln parole meno complesse,il vincolo di somministrazione della terapia da parte dell’infermiere sussiste nei confronti del paziente,cosi come il vincolo di prescrizione terapeutica del medico sussiste nei confronti dello stesso assistito.
Erroneamente” prescrizione medica del farmaco” viene intesa come “comando della somministrazione”.
Il”dare inizio ” ad un processo di cure non significa essere il responsabile di tutto il processo.
Per esempio è come se il medico di base o di pronto soccorso,in qualità di prescrittore iniziale, si definisce responsabile dell’intero processo di cura e dell’operato di tutti gli altri professionisti intervenuti successivamente (es medici specialisti,infermieri, fisioterapisti negandogli l’autonomia e la dignità professionale.
Ed ancora ricordiamo che in materia penale sussistono ambiti di “responsabilità esclusiva” ed ambiti di “responsabilità condivisa”sia per la fase prescrittiva che per quella di somministrazione.
Alfio Stiro
È allucinazione o c’è un diritto di veto?
Da una responsabilità all’altra, e tutti in Sanità ne abbiamo, si mette in moto un giramento di testa allucinatorio dal quale ogni via di fuga è sempre un lanciarsi sul fuoco.
Parlare del lavoro in équipe integrata, quindi multiprofessionale, da parte dell’infermiere è complicato in tanti settori dell’assistenza. Quando questi settori sono quelli della Salute Mentale non ne parliamo proprio. Quando in un’équipe che vuole essere integrata ma dove niente si condivide a partire dal comune senso di “équipe integrata” mi sento allo sfacelo. Quando in Salute mentale l’équipe integrata la detta lo psichiatra secondo il suo modo di intendere e volere, dove siamo?
Tutto qui? E in che condizioni si trova l’infermiere in un’équipe dalle pretese integrative dove all’infermiere si chiede, fino ad imporla, un’assistenza a maggioranza d’équipe? Cosa significa?
Significa che non c’è azione infermieristica, agire infermieristico, non c’è decisione assistenziale, non c’è azione assistenziale che l’infermiere possa eseguire se non prima se la discuta con il responsabile o all’interno dell’équipe e se non prima riceva, o dall’uno o dall’altro, il consenso.
Stiamo qua dicendo che il processo assistenziale, che si sviluppa a partire da una diagnosi, da una valutazione infermieristica va prima discusso in équipe o con il responsabile d’équipe che dovranno dare l’assenso o meno all’assistenza; solo da quel momento in poi l’infermiere può portare avanti l’assistenza decisa secondo le competenze dell’équipe pluridisciplinare. Il responsabile del servizio giustifica tale richiesta e modalità in quanto, essendo responsabile, deve controllare tutte le azioni che l’infermiere porta avanti, tutta l’assistenza prima ancora che l’infermiere l’abbia decisia ed aventualmente prima ancora che l’abbia eseguita.
Ora, sicuramente sarò un infermiere che non ne capisce niente di infermieristica, e tanto meno di assistenza in Salute Mentale, e per questo chiedo ai colleghi più esperti come si conciliino il ruolo, le competenze, la responsabilità dell’infermiere di fronte ad un’operatività della quale né il responsabile del servizio, né l’équipe si sono assunte la responsabilità dell’assistenza infermieristica dopo averla decisa. Nel senso che l’eventuale assistenza decisa, come quella inibita dal responsabile, al momento dell’esecuzione o della mancata esecuzione non rimane nella responsabilità dello psichiatra che l’ha decisa ma a carico dell’infermiere che l’ha eseguita. D’altra parte non riuscirei a capire, forse in una totale condizione di perdita di identità professionale, come poter prestare l’assistenza infermieristica decisa dallo psichiatra o dal “gruppo” o come non prestare l’assistenza decisa dall’infermiere e da questi inibita. A quale legislazione si rifà il potere di veto dello psichiatra, del responsabile di un servizio, dell’équipe sull’infermiere?
Un’altra giustificazione che lo psichiatra dà è che, niente capendo l’infermiere degli aspetti clinici di un paziente [specie di quelli con una diagnosi di “schizofrenia paranoidea”] la decisionalità dell’assistenza infermieristica deve essere assunta dallo psichiatra che ha capito ciò che l’infermiere non può mai capire.
Ora io chiedo scusa ai colleghi per l’allucinante situazione posta alla vostra attenzione… ma il fatto è che io stesso mi sento allucinato da una simile modalità di intendere la professione infermieristica, il lavoro in équipe integrata, il potere dello psichiatra.
C’è quancuno che ha le idee chiare in merito?
Per una migliore comprensione: non mi sto io riferendo qua al lavoro di confronto, comprensione e decisione di una progettualità comune e coerente, in relazione al paziente, nel rispetto e nel riconoscimento di reciproche professioni. Mi sto riferendo a quello che sembra emergere come un vero e proprio diritto di veto dello psichiatra e dell’équipe sull’infermiere e sull’assisenza infermieristica.
S.O.S. Se ci fosse qualcuno di buona volontà e che si intendesse dell’argomento può fare riferimento alla seguente e-mail: contraria-mente@libero.it