Importante sentenza della Cassazione. Il camice bianco aveva abusato della vittima narcotizzata per un intervento
Le Asl sono responsabili degli abusi sessuali commessi dal personale in servizio all’interno degli ospedali e delle strutture sanitarie pubbliche, medici compresi, e sono tenute a risarcire le vittime di questi abusi – in base alla responsabilità del datore di lavoro per illeciti messi a segno dai dipendenti durante l’orario di lavoro prevista dall’art. 2049 cc – anche se si tratta di “quanto di più lontano si possa immaginare rispetto anche ad un’etica minima della professione sanitaria”. Lo sottolinea la Cassazione.
Con la sentenza 22058 – depositata ieri- la Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso della Asl di Rieti contro la decisione con la quale la Corte di Appello di Roma, nel 2014, la aveva condannata a risarcire i danni patiti da una giovane donna stuprata da un anestesista in servizio presso l’ospedale reatino ‘San Camillo de Lellis’. Anche il medico era stato condannato in solido con la Asl e l’entità del risarcimento, inizialmente stimata in 25mila euro, dovrà essere ora quantificata al rialzo dal giudice civile.
Senza successo la Asl ha cercato di chiamarsi fuori sostenendo che “la violenza sessuale è di certo la massima espressione di un fine strettamente personale ed egoistico” e l’abuso commesso dal dottore “nulla ha a che vedere con le funzioni di medico anestesista affidategli dalla struttura ospedaliera”. In proposito, i supremi giudici hanno rilevato che “è vero che quanto accaduto dimostra la totale distorsione della finalità istituzionale in vista dell’esclusivo tornaconto personale ed egoistico, perchè il comportamento tenuto dal medico, oggettivamente inqualificabile ed incredibile, è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto anche ad un’etica minima della professione sanitaria”.
“Ciò non toglie, però, – conclude il verdetto – che la funzione svolta all’interno dell’ospedale reatino è stata un presupposto necessario dell’accaduto, per cui la responsabilità della Asl ai sensi dell’art. 2049 cc deve essere confermata”. L’anestesista in questione – ricorda la sentenza – è stato condannato penalmente per vari episodi di violenza sessuale aggravata, uno dei quali commessi ai danni di una sua parente ricoveratasi per intervento al tunnel carpale sull’avambraccio. La donna, la cui vicenda è arrivata al vaglio della Cassazione, era stata denudata parzialmente, toccata nelle parti intime e fotografata in pose erotiche mentre si trovava in stato di totale incoscienza.
Fonte:Dottnet
Di:Amato Angelo