Secondo i calcoli effettuati da Ipasvi, nel nostro Paese mancano 50mila infermieri di cui circa 20mila in ospedale e gli altri sul territorio. «Occorre interrompere il blocco del turn over che dura ormai da circa dieci anni — sottolinea la presidente di Ipasvi Vanno rinforzati gli organici per mettere i professionisti nelle condizioni di dedicarsi con la massima lucidità alla risposta assistenziale, che è sempre maggiore a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle malattie croniche. Così sarebbe anche possibile avere normali turni di servizio e, quindi, mantenere rapporti umani coi pazienti».
L’ALLARME INFERMIERI
Turni estenuanti
Quello degli organici depauperati, non è l’unico problema degli operatori sanitari: il personale invecchia e i turni sono estenuanti. Secondo un’indagine condotta su un campione di oltre duemila professionisti dall’”Osservatorio nazionale su stress lavoro correlato, burn out e mobbing” del sindacato degli infermieri italiani Nursing Up, due infermieri su tre si sentono molto spossati e sfiniti, e più di otto su dieci ritengono di avere troppe responsabilità sul lavoro. Nonostante i disagi, però, gli intervistati riferiscono di essere ancora fortemente motivati a svolgere la loro professione.
Problemi di salute
Turni che vanno oltre la resistenza fisica possono comportare anche limitazioni nelle mansioni da svolgere. Un recente studio di Cergas-Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi di Milano, rileva che il 15% degli infermieri presenta inidoneità fisiche, soprattutto a causa del trasporto di carichi, di posture sbagliate, lavoro notturno, stress, esposizione a videoterminali, rischio biologico. Situazioni, queste, più frequenti quanto più è avanzata l’età dell’operatore. In base ai dati della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, quasi 4 infermieri dipendenti su 10 hanno più di 50 anni, con picchi in alcune Regioni come Calabria e Campania dove gli infermieri over cinquanta sono rispettivamente il 61 per cento e il 54 per cento.
Rischio errori
La sofferenza degli infermieri può avere ricadute anche sulle persone che assistono. Uno studio su ore di lavoro e sicurezza del paziente ha evidenziato che è triplicato il rischio di incorrere in errori quando gli infermieri hanno svolto turni straordinari oltre le 12 ore. E, secondo un’altra ricerca, condotta in alcuni ospedali inglesi e pubblicata di recente sulla rivista scientifica British Medical Journal, riducendo da 10 a 6 il numero di pazienti che un infermiere ha in carico, si abbatte il rischio di mortalità del 20 per cento. Nel nostro Paese, in media, ogni singolo infermiere in ospedale deve occuparsi di 12 pazienti, in Campania addirittura di 18 malati.
Ore «extra»
«Spesso capita che un infermiere debba lavorare almeno per due, vista la carenza di organici — riferisce Barbara Mangiacavalli, presidente di Ipasvi — . Facciamo di tutto per garantire la salute dei pazienti ma il blocco del turn over che non consente un adeguato ricambio generazionale e le politiche di risparmio stanno provocando danni all’assistenza. Lo dimostra il fatto che i pazienti segnalano al Pit salute di Cittadinanzattiva di non trovare in ospedale infermieri (e non solo) a sufficienza — prosegue Mangiacavalli — . Se poi alla carenza di organici si somma l’obbligo, finora spesso disatteso, di rispettare le norme europee sull’orario di lavoro, diventa sempre più complicato garantire servizi e assistenza tempestiva e di qualità come spesso i bisogni dei pazienti richiedono».
Relazione con il malato
Di sicuro a farne le spese è la relazione con il malato. L’anno scorso i cittadini che si sono rivolti al Pit salute oltre a lamentare una scarsa assistenza infermieristica in corsia nel 35 per cento dei casi, soprattutto nei giorni festivi e nelle strutture residenziali, con conseguenti ritardi, per esempio, nell’erogazione di terapie, hanno segnalato che quasi un infermiere su cinque ha avuto nei loro confronti comportamenti “poco umani”.
Qualità e tempi
Osserva Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva: «Purtroppo dobbiamo ancora confrontarci con la cronica carenza di personale infermieristico (e anche di altri professionisti) gestito con “minutaggi” e “tempari” che incidono sul tempo e sulla qualità del tempo dedicato al paziente, sull’accessibilità alle cure e ai servizi, nonché sui costi privati che poi i cittadini devono sostenere per l’assistenza di cui hanno bisogno».
L’indagine
Gli infermieri, però, hanno deciso di mettersi in gioco. «La nostra professione si basa sul rapporto con i pazienti — afferma Mangiacavalli —. Per noi è essenziale avere una relazione privilegiata con loro, per comprendere come ci vedono e come possiamo soddisfare nel modo migliore i loro bisogni di salute. Per questo abbiamo attivato l’Osservatorio civico sulla professione infermieristica insieme a Cittadinanzattiva». Attraverso un’indagine civica, cui partecipano cittadini e infermieri, saranno raccolti dati su diversi aspetti, per esempio su umanizzazione e gestione della relazione infermiere-paziente, ma anche su competenze, prestazioni richieste agli infermieri sul territorio, organizzazione del lavoro. I risultati dell’indagine saranno presentati nei primi mesi del 2018. «L’intento è individuare insieme i nodi critici e capire come affrontarli per migliorare la qualità dell’assistenza, anche perché la professione infermieristica ha un ruolo centrale nel processo di offerta e garanzia di salute per i cittadini — spiega Aceti —. Ma è evidente che c’è un gran bisogno di riallineare le politiche pubbliche con i bisogni dei malati».
Fonte
Corriere della Sera