26 GIU – Gentile direttore, a differenza del sig. Mandara, direttore di alcune scuole autoreferenziali per aspiranti osteopati e presidente di alcune associazioni private, ritengo che il DDL omnibus del ministro Lorenzin rappresenti in realtà l’opportunità per regolamentare seriamente la nuova professione sanitaria di Osteopata. Un’occasione da non perdere. Esprimo tale considerazione in qualità di Direttore del solo Istituto italiano autorizzato all’insegnamento dell’osteopatia da parte del M.I.U.R., nonché Provider nazionale ECM autorizzato all’aggiornamento sanitario, finalizzato alle valutazioni di efficacia della medicina non convenzionale. Inoltre, sono personalmente membro del Comitato esecutivo dell’unica associazione italiana di osteopati la cui operatività risulti tracciabile da un punto di vista fiscale e deontologico (cfr. www.associazioneosteopati.it).
Proprio in virtù delle responsabilità acquisite nell’insegnamento della materia, sottoposto per primo a controlli ufficiali, non posso che ritenere del tutto compatibile l’inserimento dell’osteopatia tra le professioni sanitarie, nei tempi e nei modi proposti dal Governo. E non condivido affatto la definizione del ruolo alternativo e nello stesso tempo complementare della disciplina (!), essendo la funzione dell’osteopatia tutt’altro che alternativa alla medicina, bensì interdisciplinare e ad essa profondamente integrata.
Evidentemente, in Italia esistono due osteopatie: da un lato quella alternativa che vuole rimanere nella torre d’avorio per timore di affrontare il confronto con la Sanità e quindi con la società civile; dall’altro, quella che vuole esprimersi esclusivamente nel contesto sanitario, sottoponendosi senza timore alle regole e ai principi delle altre professioni, ovvero perseguire l’obiettivo non più rinviabile di tutelare la salute dei cittadini. Appare ovvio che lo Stato non possa che riconoscere quest’ultima come unica prospettiva plausibile per dotare il nostro Paese di una nuova categoria di professionisti funzionali alla Sanità e alla cittadinanza. E senza dubbio, prima è meglio è.
L’osteopatia di oggi presenta peculiarità del tutto compatibili con i moderni metodi di cura e prevenzione. Essa può rappresentare una risorsa oggettiva come dimostrato dalle regolamentazioni negli altri Paesi occidentali, dai rapporti dell’O.M.S., dalle analisi statistiche e dalle ricerche effettuate e in fase di elaborazione. Ed è proprio la sua regolamentazione in qualità di professione autonoma nel sistema sanitario nazionale che potrà avvalorarne le caratteristiche e preservarne i principi fondamentali, anziché, come qualcuno paventa, risultarne snaturata.
Al contrario, il protrarsi dell’attuale vuoto normativo espone l’osteopatia alle più disparate interpretazioni, così come l’assoluta autoreferenzialità della maggior parte dei corsi in questa materia minaccia il sostanziale svilimento della categoria, mette a rischio i pazienti e deprime le professionalità e le potenzialità di questa apprezzata medicina tradizionale.
Con i presidenti dell’Associazione professionale degli Osteopati e del Registro degli Osteopati d’Italia abbiamo lavorato insieme, di concerto col Ministero della Salute, presso l’Ente Nazionale di Normazione (UNI Milano) per scrivere tali principi nella norma europea CEN per l’osteopatia: principi documentati e condivisi da tutte le rappresentanze degli Stati europei.
Non stupiscono le reazioni contrarie e le motivazioni a queste sottese, comuni ma minoritarie anche nei Paesi che prima del nostro hanno regolamentato l’osteopatia. Ciò che conta è la volontà del Governo e delle principali rappresentanze di motivare al legislatore e a tutte le attuali figure sanitarie l’importanza dell’integrazione sanitaria e pedagogica dell’osteopatia, a beneficio degli utenti e come proficuo stimolo interprofessionale.
Luigi Ciullo – osteopata
Direttore e legale rappresentante I.E.M.O.
Comitato esecutivo dell’Associazione Professionale degli Osteopati
fonte Quotidianosanita.it