intervengo a proposito dell’articolo pubblicato in QS il 4 ottobre u.s. relativo alla vicenda del medico di un pronto soccorso trentino che avrebbe denunciato un clandestino privo di documenti in regola. Intendo soffermarmi soprattutto sulla notizia della solidarietà che il ministro dell’interno Matteo Salvini avrebbe manifestato a questo medico.
Questa presa di posizione, pubblicata in vari quotidiani e che il ministro dell’interno non ha smentito, può risultare, in considerazione dell’autorevolezza della figura istituzionale che la ha espressa, punto di riferimento per il professionista sanitario che si trovi ad operare in situazioni analoghe a quelle del medico del pronto soccorso trentino ed indurlo così a violare la legge.
Per questo motivo mi sembra importante richiamare i vigenti riferimenti normativi che ogni professionista sanitario è chiamato a rispettare in situazioni consimili e che, a quanto risulta dalla stampa, il ministro dell’interno non menziona.
Il disposto del comma 5 dell’articolo 35 del decreto legislativo 286/1998, modificato con legge 94/2009, è chiarissimo; esso stabilisce quanto segue: “L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.“
Sul tema è in particolare intervenuta la circolare del ministero dell’interno, dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, n. 12/09 del 27 novembre 2009 prot. n. 780, firmata dal capo dipartimento Mario Morcone, avente il significativo oggetto “assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale. Divieto di segnalazione degli stranieri non in regola con le norme sul soggiorno. Sussistenza.”
Per quanto l’oggetto sia esplicativo ed esaustivo, conviene ricordare il contenuto della circolare che affronta i possibili aspetti problematici della materia fornendo appropriate soluzioni, ineccepibili dal punto di vista giuridico: “… Il divieto di segnalazione è previsto dal comma 5 dell’articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Questa disposizione non è stata abrogata, né modificata dalla legge 15 luglio 2009, n. 94; conserva, quindi, piena vigenza.
Conseguentemente continua a trovare applicazione, per i medici e per il personale che opera presso le strutture sanitarie, il divieto di segnalare alle autorità lo straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato che chiede accesso alle prestazioni sanitarie, salvo il caso, espressamente previsto dal comma 5, dell’articolo 35 cit., in cui il personale medesimo sia tenuto all’obbligo del referto, ai sensi dell’articolo 365 del codice penale, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
L’obbligo di referto, com’è noto, è disciplinato in base all’articolo 365 del c.p. e sussiste in presenza di delitti per i quali si deve procedere d’ufficio. Tale obbligo, in particolare, non sussiste per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, introdotto dall’articolo 1, comma 16 della legge n. 94 cit., attesa la sua natura di contravvenzione e non di delitto. Inoltre, il comma 2 dello stesso articolo 365 espressamente esclude l’obbligo di referto nel caso in cui il referto stesso esporrebbe l’assistito a procedimento penale.
Occorre infine chiarire, anche alla luce delle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 22, lettera g) della legge n. 94, cit., relative alla esibizione dei documenti inerenti al soggiorno per l’accesso a prestazioni della pubblica amministrazione, che non è richiesta l’esibizione di tali documenti per le prestazioni di cui all’art. 35 cit., come espressamente previsto dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 286/1998 cit. e successive modificazioni. …”.
Anche il comma 2 ultimo citato è chiarissimo: “Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all’accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.”
L’accesso al pubblico servizio costituito dal pronto soccorso o dall’accettazione ospedaliera non comporta dunque, rientrando fra le eccezioni previste, l’esibizione dei documenti inerenti al soggiorno.
Tanto basta per chiarire i riferimenti normativi ai quali avrebbe dovuto ispirarsi il medico operante nel pronto soccorso trentino, il quale, secondo notizie di stampa, indebitamente ha controllato la regolarità dei documenti ed effettuato la denuncia, omettendo oltretutto la prestazione sanitaria richiesta dalla persona e dovuta da parte del medico, che invece risulta non aver terminato la visita né somministrato o prescritto eventuale terapia.
Concludo, da un lato rinviando, per i profili deontologici attinenti al caso, alle puntuali indicazioni contenute nella nota stampa relativa alla vicenda del presidente della FNOMCeO Filippo Anelli, dall’altro lato specificando che nessun passo del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica …”, entrato in vigore da pochi giorni, è intervenuto sulla materia in discussione, modificando o abrogando il comma 5 dell’articolo 35 o il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 286/1998: di conseguenza, persiste il divieto di segnalazione degli stranieri non in regola con le norme sul soggiorno e restano illegittime le richieste di esibizione dei documenti inerenti al soggiorno per l’accesso ai servizi del pronto soccorso ospedaliero.
Daniele Rodriguez
Medico legale in Padova
Fonte Quotidiano sanita